Informazione, manipolazione e controllo

DISINFORMAZIONE E CONTROLLO DELLE MASSE

di Massimo Chiais

Gli ambiti della comunicazione e della gestione dell’informazione rappresentano elementi fondamentali di fronte a scenari che da tempo hanno trasformato l’opinione pubblica in uno degli attori principali all’interno delle dinamiche contemporanee, tanto in pace quanto in guerra, nella quotidianità delle cosiddette “scelte di mercato”, qualunque esso sia, così come nelle decisioni globali di carattere politico, economico, bellico, sociale e così via.

Non si tratta certo di un fatto del tutto nuovo e da sempre l’appoggio popolare ed il consenso hanno rappresentato elementi pregnanti nella realizzazione tanto di operazioni militari quanto di decisioni politiche, scelte religiose, comportamenti sociali. La storia più recente poi, almeno a partire dall’epoca delle grandi rivoluzioni, ha visto una crescita costante del ruolo occupato dalle popolazioni civili nel garantire al potere una solida base, grazie alla quale legittimare scelte che, in una misura o nell’altra, hanno dovuto sempre più essere motivate e giustificate come decisioni collettive. Tuttavia, a partire dall’inizio del secolo scorso e seguendo una tendenza che, nell’ultimo ventennio, ha subìto un’accelerazione senza precedenti, all’interno del contesto attuale almeno tre elementi costituiscono una novità di rilievo e vanno a ridefinire il ruolo dell’informazione e specialmente quello delle sue modalità di trasmissione.

Il primo di questi elementi è certamente l’affermazione di una società di massa tale da decretare il ruolo centrale dell’opinione pubblica in tutti i settori, al punto da rendere inscindibile, almeno nella teoria, ogni decisione che non sia supportata da un adeguato e rappresentativo consenso popolare.
Un ulteriore fattore è dato dallo sviluppo, ai limiti dell’irrefrenabile, della tecnologia delle comunicazioni, che ha rivoluzionato non solo il modo di trasferire le informazioni, ma specialmente il loro utilizzo, rendendo generalizzato e massivo l’accesso ai flussi informativi tanto in fase ricettiva, come destinatari di messaggi, quanto in fase propositiva, trasformando ciascun individuo in un potenziale emittente di informazioni a livello globale.

Infine è proprio questa mondializzazione dell’informazione, questa dimensione globale all’interno della quale ciascuno è in grado di offrire e ricevere notizie, a porre in evidenza quanto, in un sistema di comunicazione aperta e totale, la gestione dell’informazione che si intende condividere, così come di quella che invece deve rimanere riservata, costituisca una risorsa formidabile e assolutamente strategica.
Partendo da queste considerazioni, diventa indispensabile approfondire la conoscenza degli strumenti e delle strategie comunicative ed elaborare una corretta chiave di lettura delle metodologie informative, tale da garantire una corretta comprensione di quegli infiniti messaggi che quotidianamente vengono somministrati al pubblico, andando ad alimentare stereotipi e chiavi di lettura della realtà spesso fortemente orientati e finalizzati alla salvaguardia di poteri forti di non facile individuazione. Perché, seppure è vero che “tutto è comunicazione”, non è certo azzardato dire che scopo principale di gran parte dell’informazione trasmessa oggi all’opinione pubblica è senza dubbio quello di persuaderla circa la veridicità delle affermazioni dell’emittente, o la legittimità del suo operato, o la necessità di attribuirgli fiducia in funzione di scelte che devono essere condivise, così come di riconoscere a poteri, solo nominalmente trasparenti e democratici, una leadership attraverso l’esternazione di consenso. Da qui all’identificazione tra informazione e propaganda il passo è breve, laddove come propaganda si intenda una particolare espressione della comunicazione, connotata da forti valenze persuasive indirizzate ad un fine, che è poi quello di influenzare il pubblico per acquistarne, come si è detto, il consenso.

Evidentemente, questa definizione porta a individuare anche nella propaganda e nella disinformazione elementi di quotidianità, perché, in fondo, qualsiasi forma di comunicazione si pone come scopo quello di ottenere una risposta in linea con le aspettative dell’emittente. Ma all’interno di un sistema, o di un’organizzazione, questa pratica assume valori aggiunti notevoli. Innanzitutto, perché è posta in essere al fine di provocare reazioni da parte di una collettività, che proprio per questo suo configurarsi come soggetto collettivo è in grado di generare, a sua volta, reazioni importanti con il, e sul, mondo esterno. In secondo luogo perché, nel momento in cui una struttura definisce l’utilizzo di formule, stratagemmi, strategie preordinate per influire su un target esteso, nella definizione dei linguaggi, dei temi e dei canali scelti non potrà esimersi dall’intervenire sulla qualità delle informazioni date, che per essere in linea con gli obiettivi preventivati facilmente dovranno essere manipolate e rivisitate in funzione dei risultati auspicati. Questa capacità, preordinata e strutturata in strategie, di generare effetti attraverso la manipolazione della realtà e delle informazioni fornite per descriverla a fini utilitaristici, per la sua estrema importanza non può non costituire materia di riflessione e analisi per chiunque scelga di non sottostare alle reiterate menzogne che il sistema costruisce per legittimare se stesso e le sue scelte, mediante operazioni di mistificazione della realtà che hanno quale obiettivo la creazione di una realtà diversa da quella reale.

Vere e proprie operazioni di “ingegneria storica”, capaci di stravolgere la lettura del mondo, orientandone in modo unidirezionale la percezione, in modo tale da far sì che l’opinione pubblica creda di “avere capito” e di “aver scelto” in modo autonomo e nel migliore dei modi ciò che ritiene essere giusto, sebbene la scelta sia stata indotta attraverso la manipolazione delle informazioni, la disinformazione e l’uso deliberato della menzogna.

Spiritualità

SPIRITUALITA’

di Paolo Galante

Ogni civiltà si fonda su una propria visione della vita che ne determina i valori-guida, sui quali plasmare poi le proprie istituzioni politiche, economiche, sociali e le forme e i contenuti della cultura.
Quando si parla di visione della vita si parla, anche se non se ne fa esplicito riferimento, di filosofia, giacché è proprio della filosofia occuparsi di quel che è il sentimento intimo con cui ci relazioniamo alla vita nostra ed altrui.
Che il modo di rapportarsi alla vita di una civiltà screzi profondamente di sé il pensiero è quindi cosa evidente; meno evidente è che addirittura anche lo strumento con cui il pensiero è espresso, la lingua, ne sia profondamente influenzato.
Limitiamoci a prendere in considerazione solo il lessico. Eccezion fatta per le parole indicanti cose concrete, le parole con cui denotiamo ciò che è astratto dalla realtà tangibile non sono affatto neutre, ma contengono già in sé la sostanza profonda di cui è fatta la visione della vita della nostra civiltà. La maggior parte della gente, purtroppo, non si avvede che, già prima di formulare i propri pensieri, ne hanno già espresso la sostanza nell’uso acritico che fanno delle parole.
Ecco allora che se si vuole operare una critica radicale a ciò che non è di immediata concretezza, occorre innanzitutto ripulire il linguaggio da tutti i pregiudizi che contiene al suo interno. Senza questa operazione il dialogo con chi la pensa diversamente da noi è cosa inutile o, meglio, assurda, giacché si limita a mettere in gioco solo i nostri giudizi, dimenticando i pregiudizi celati all’interno delle parole che usiamo.
Qualche esempio per essere più espliciti. Pensiamo a quanto siano profondamente intrisi di filosofia termini come natura, natura umana, amore, materialismo, gioia, ecc. e, per venire a noi, prendiamo in considerazione soprattutto la parola spirito e spiritualità.

Che cosa intenda la nostra civiltà per spirito, si potrebbe già farsene un’idea sommaria dalla teologia cristiana ed in particolare dal dogma della Trinità. Delle tre persone della Trinità, lo spirito è la più vaga, indistinta, sfuggente, e lo fu anche quasi duemila anni addietro, all’epoca della sua definizione. Tale fu l’incapacità di giungere ad una definizione precisa che proprio il mancato accordo su quale fosse il ruolo dello spirito all’interno della Trinità (la fumosa e – mi si passi il termine – ridicola questione del “filioque”) costituì la base dottrinale dello scisma tra chiesa d’oriente e d’occidente.
Da circa due millenni quindi, nella civiltà europea il termine spirito è stato messo in relazione a ciò che è immateriale e, come tale, impossibile ad essere finitizzato entro confini definiti, propri della materia.
E’ molto importante sottolineare ciò, perché in questa nozione di spirito è sottesa una concezione filosofica che dà già per avvenuta la separazione dicotomica dell’essere: da una parte la materia e dall’altra lo spirito. Come conseguenza di ciò quindi, si ebbe una separazione netta fra ciò che rientra nell’ambito della materia – il finito che si manifesta come necessità, come passato in quanto dimensione temporale della finitezza, come ossessione per la perfezione in quanto espressione di uno stato dell’essere che non ammette più alcun cambiamento (per – fectum, fatto completamente) – e ciò che rientra in quello dello spirito, l’infinito, la cui azione nell’essere è di tenerlo aperto, di renderlo suscettibile di modifica, di protenderlo verso lo spazio del nuovo rappresentato dalla dimensione temporale del futuro. L’occidente non si rende conto che, quando pensa allo spirito, sta introducendo surrettiziamente con ciò anche la nozione di dualità dell’essere, dualità incomponibile all’interno della dimensione terrena e per questo rimandata in una fumosa dimensione metafisica destinata prima o poi, proprio per l’evanescenza di interscambio dialettico col piano terreno, a crollare.
Il risultato è quindi che all’interno della dimensione immanente della vita, la dualità spirito-materia rimane, quando va bene, irrisolta, perché generalmente la soluzione data è quella di superarla rimuovendo tout court lo spirito attraverso la sua riduzione da parte del meccanicismo imperante nelle scienze a epifenomeno della materia.
Per essere più precisi, bisognerebbe ora, ad onor del vero, chiarire che l’antagonista dello spirito non è tanto la materia in sé, ma la materia intesa in senso meccanicista, cioè una materia concepita dal pensiero dell’occidente alla stregua di una macchina, dalla quale è espunta ogni traccia di volontà, libertà e quindi coscienza.
Si tratta di una concezione della materia diametralmente opposta, tanto per fare un esempio, a quella dell’alchimia, secondo la quale “lo spirito sta nella materia”, ma anche non in linea con la fisica quantistica, basti pensare al celebre principio di indeterminazione di Heisenberg, con cui è provato che anche nella materia c’è un qualcosa che sfugge a qualsiasi tentativo di rinchiuderlo entro la gabbia del finito.

La logica che sta alla base della concezione filosofica della vita nella nostra civiltà si caratterizza per il rifiuto della dialettica, cioè il rifiuto di accettare l’idea che la vita sia il risultato di un conflitto tra gli opposti, conflitto che le nostre vite individuali hanno il compito di condurre ad una sorta di conciliazione, di sintesi.
Il rifiuto della dialettica è rifiuto di mettersi in gioco, di sostenere lo scontro con ciò che si oppone all’essere al quale siamo attaccati e con cui ci identifichiamo. L’approccio all’essere nei termini di attaccamento rappresenta poi la radice passionale su cui si fonda la logica antidialettica dei principi di identità e di non contraddizione propri della sola filosofia riconosciuta dalla nostra civiltà, la scienza.
E infatti alla scienza viene demandato il compito di accrescere indefinitamente la potenza con la quale dare stabilità all’essere e, per converso, di depotenziare tutto ciò che gli si oppone.

Ciò è espressione del profondo narcisismo della nostra società, narcisismo che, a livello psicologico, fa da pendant al principio di identità della logica antidialettica della matematica. A = A: dice la matematica. Allo stesso modo l’io narcisista dice: “Io sono io; sono nient’altro che ciò che sta dentro ai confini del mio io”.
Principio di identità e narcisismo sono espressioni di un approccio statico verso l’essere, un approccio – direi quasi – tecnologico-industriale, poiché non fa altro che riprodurre l’essere in serie, in forme sempre uguali, condannandolo così ad uno stato di fissità, di immobilismo esistenziale che fa di noi degli oggetti, in quanto deprivati della capacità di trascendere la nostra finitezza per accedere al nuovo.

E’ evidente che in una società come la nostra, così pervicacemente attaccata al finito e alla sua riproduzione narcisista, non possa esserci spazio per una concezione dialettica dello spirito, inteso come sintesi di finito ed infinito.
Per il materialismo meccanicista imperante esiste solo il finito, per cui l’infinito si dà solo come luogo dell’essere sul quale la scienza deve svolgere la sua azione colonizzatrice. Sul versante psicologico Freud sintetizzò il concetto nella celebre espressione: “Là dov’è l’inconscio, deve affermarsi l’io”. Cioè la luce della coscienza deve mettere a fuoco ciò che è ancora oscuro, onde de-finirlo una volta per tutte.
La nostra cultura è disposta anche ad accettare lo spirito, a condizione però di relegarlo al ruolo di mezzo al servizio del finito. L’infinito dello spirito, quindi, lungi dal contrastare la finitezza entro cui si vuol costretto il reale, deve funzionare come strumento per rafforzare il finito.
Ma per rafforzarlo – si dirà – non basta la scienza? Sì, ma solo quando la potenza dispiegata dalla tecnica ha successo nel contrastare l’azione disgregatrice dell’infinito. Ora, la tecnica non è onnipotente, quindi non è, e non sarà mai un sicuro presidio del finito, capace di preservarlo per sempre.
Ecco allora che anche nella nostra civiltà le persone, per proteggere i confini del loro essere qualora fallisca la potenza della tecnica, non si trovano ad avere altra risorsa che il chiedere aiuto, non più col linguaggio della scienza, ma con quello della preghiera. A tal proposito Jung dice che “non è da escludere che anche il più grande razionalista di questo mondo dica una giaculatoria se si trova nella disperazione”.

Sofferenza, dolore sono la conseguenza del venir meno della presa con cui ci attacchiamo all’essere, attaccamento però che quanto più è forte, tanto più comprime l’essere cui siamo attaccati e con cui ci identifichiamo, rimpicciolendolo. Nella nostra cultura fondata sul finito, l’attaccamento dev’essere salvato a tutti i costi. A tal scopo anche lo spirito viene mobilitato, perlomeno come extrema ratio. Questo giustifica il sussistere delle religioni e anche di varie forme di pensiero magico non inquadrate entro alcun sistema religioso.
Generalmente si è sempre ritenuto che scienza e religione siano inconciliabili fra loro. Ma questo è vero solo in relazione ai mezzi impiegati, non ai fini. Scienza e religione, nella nostra civiltà, condividono infatti il medesimo fine di garantire la finitizzazione dell’essere che si esprime nell’attaccamento a ciò con cui ci identifichiamo e di tributare un culto alla potenza: la scienza attraverso la fede nel progresso, la religione in quanto riconosce nell’onnipotenza il più peculiare attributo di Dio. Quanto ai mezzi, certo, le differenze ci sono: con la religione chiediamo la potenza ad un altro essere, Dio; con la scienza è l’uomo stesso a voler farsi potente, costringendo la natura a cedergli la potenza in essa racchiusa mediante l’autentico strumento da preda dell’uomo, l’intelligenza plastica(1).
In entrambi i casi, comunque, sia la scienza che la religione, ritengono che la potenza sia all’esterno dell’uomo, determinando così un attaccamento verso ciò che, in quanto esterno, è altro da noi.
Ora, ogni attaccamento è indice di una modalità esistenziale fondata sull’avere, anziché sull’essere: l’avere infatti è ciò che otteniamo dall’esterno, senza cioè un nostro sforzo personale; mentre l’essere è ciò che ci appartiene intimamente non in virtù di un attaccamento, e che quindi niente e nessuno potrà sottrarci.

Da quanto detto, risulta evidente che nella nostra cultura anche la spiritualità è fondata sull’avere. Essa coopera fianco a fianco della scienza nel cercare di curare tutte le falle ogniqualvolta si incrina la sicurezza del nostro attaccamento all’avere, inteso come possesso sia di beni materiali che immateriali, come l’amore, il prestigio, la stima che richiediamo agli altri. In particolare si ricorre alla spiritualità quando in noi vien meno la fiducia verso la realtà, nel senso che sempre meno ci aspettiamo da essa un aiuto per garantire la stabilità del nostro essere.
Ora, siccome il mondo in cui viviamo la distruttività nichilista cresce di giorno in giorno, è giocoforza che l’uomo, sempre più sfiduciato dalla realtà, ricerchi rassicurazione nelle religioni tradizionali e – siccome la svalutazione esiste anche in questo campo – in deformazioni di queste, o in altre di nuovo conio all’insegna di una spiritualità new age, spiritualità che raramente rappresenta un passo in avanti verso una concezione dialettica dello spirito.
L’approccio di questa spiritualità alla sfera del trascendente, popolato da Dio, angeli, santi, guru che fanno da intercessori fra l’umano ed il divino, avviene – come detto – secondo la modalità dell’avere: invece di essere noi a trascendere i nostri limiti, risvegliando il divino in noi, richiediamo l’intervento di Dio, o chi per esso, per trarci fuori dai problemi, cosicché noi possiamo continuare la nostra esistenza di esseri perennemente dipendenti dall’esterno.

Alla spiritualità chiediamo di salvaguardare la stabilità del nostro essere dandogli il conforto morale che, anche se non siamo niente per il mondo, c’è pur sempre qualcuno in una dimensione trascendente per il quale la nostra vita è importante, qualcuno che ascolta il nostro appello e prova compassione del nostro dolore, che ci ama così come siamo, nonostante tutte le nostre debolezze e difetti, che ci ama di un amore non mercantile, incondizionato, senza se e senza ma.

Nella nostra cultura è cresciuta nel tempo la tendenza ad individuare nell’amore l’aspetto più peculiare di Dio. Ora, essendo Dio lo spirito per eccellenza, si può dire che la spiritualità si caratterizza sempre più come una forma di amore disinteressato, non egoista, un amore finalizzato esclusivamente al bene dell’altro senza alcuna traccia di tornaconto personale.
Sarebbe da chiedersi come mai lo spirito abbia finito per confondersi con l’amore. Credo dipenda dal fatto che si popola il mondo dello spirito con tutto ciò che non trova più spazio adeguato nel mondo materiale. Quindi se c’è così tanto amore nel mondo dello spirito, vuol dire che ce n’è molto poco in quello materiale.
Ma quale genere d’amore può esserci nel mondo dello spirito? E come ci ama il dio delle religioni e quale effetto ha su di noi il suo amore? Il dualismo della nostra cultura, che ha tagliato con l’accetta il finito della materia dall’infinito dello spirito, ha fatto sì che nel mondo dello spirito l’amore sia diventato qualcosa di infinito, il che non significa però solo immenso, ma anche non de–finito, quindi poco concreto, poco tangibile.
Ovviamente un amore in–finito non può che essere rivolto alla dimensione in–finita, non a quella finita. Nella dimensione infinita, in assenza del contrapposto dialettico del finito, che metta a fuoco il nostro essere de–finendolo, l’attaccamento al nostro essere è indebolito perché sentiamo che minore è la forza che abbiamo a disposizione per conservare la presa su ciò cui abbiamo scelto di identificarci.
L’amore spirituale, in quanto anch’esso carente di finitezza, non ha certo la forza di rinsaldare la nostra presa sull’essere e quindi garantire l’integrità della nostra identità dal pericolo della frammentazione.

L’amore di Dio, lungi dal preservare la saldezza della nostra presa sull’essere, può quindi al massimo solo evitare che venga meno del tutto. E’ un amore che non ci dà la sensazione della certezza dell’integrità del nostro essere, ma soltanto la speranza che esso non cada in pezzi.
Un tale amore può dischiuderci solo una vita da rassegnati che, non riuscendo a mantenersi saldamente attaccati all’essere, si accontentano di una presa parziale. A essa corrisponde una vita esangue, vissuta in tono minore senza grandi passioni che, scuotendoci dal torpore, ci sottraggano a quella sensazione di inutilità allorché si scopre che l’immobilismo esistenziale fa sì che la nostra vita confini con quella delle cose.

Il prendere rifugio nello spirito, quale è inteso dalla nostra società, diventa quindi una sorta di meccanismo di difesa psicologico, consistente nell’anestetizzare la nostra vita – tale è infatti la rassegnazione – evitandole lo scontro diretto con la durezza del reale per timore che la sconfitta incrini la nostra fiducia interiore. In pratica si sceglie di vivere da sconfitti per non subire la delusione della sconfitta; di vivere una vita indefinita per non essere scacciati da una vita autentica, in quanto nitidamente definita.
Di qui anche la sensazione di impossibilità di cambiare l’esistente e il pacifismo che costellano la nostra concezione dello spirito: uno spirito imbelle, conservatore e quindi anche alienante, giacché non permette alla vita di progettarsi nella sua dimensione materiale, di gettarsi oltre l’esistente, per tendere al futuro, inteso come dimensione del nuovo, del senso.
Per tale spirito il senso si trova solo in un trascendente non costruito dalla nostra lotta e passionalità, ma creato da Dio. L’accesso al senso e al trascendente quindi è possibile solo in virtù di un’obbedienza acritica al volere di un ipotetico Dio, obbedienza che comporta la rinuncia alla nostra volontà, libertà, spirito critico: in pratica, rinuncia a ciò su cui si fonda la nostra soggettività. Questa è una spiritualità che va molto d’accordo col pensiero scientifico e col suo progetto di potenza: come questo, vuole espungere la soggettività per ridurre l’essere ad oggetto.
La sua strategia è quella di infiacchire moralmente l’uomo alienandogli – come dice Feuerbach – la grandezza che gli compete in Dio. Dio è il creatore, noi le creature; quindi egli è causa, noi semplici effetti.
Inoltre, stando alla religione, siamo anche incapaci di salvarci da soli, abbiamo bisogno della grazia di Dio. Chi vuol salvarsi da solo è un presuntuoso, uno che pretende di poter fare a meno di Dio e, quindi, di esautorarlo.
Per le religioni ufficiali la tesi della debolezza intrinseca della natura umana ha tanto più peso quanto più esse sono organizzate in una struttura gerarchica finalizzata a esercitare un potere effettivo sugli adepti. Facendo riferimento al cristianesimo è, a mio avviso, clamoroso il voltafaccia di Sant’Agostino in merito all’opinione relativa alla natura e al valore dell’uomo. Da un iniziale convinzione della grandezza e dignità dell’uomo, risalente alle prime fasi della sua conversione, quando il suo pensiero era ancora fortemente intriso di neoplatonismo, passò poi, una volta assurto ai vertici della gerarchia ecclesiastica nella sua comunità, a una concezione assolutamente pessimista dell’uomo, arrivando addirittura al punto da negargli il libero arbitrio; il che poi portò necessariamente a un disconoscimento dei suoi meriti e della possibilità di salvarsi in virtù di essi. Se in un testo coevo alla sua conversione, come il “De vera religione”, affermava che “Dio abita dentro di noi”, successivamente disse che “al di fuori della chiesa non c’è salvezza”, come a dire che Dio non è in noi, ma dentro l’ istituzione chiamata chiesa. Se non è idolatria questa!
Secondo Sant’Agostino, dunque, si giunge a Dio non attraverso una trasformazione interiore che, portandoci a trascendere la nostra coscienza egoica, porti a germinazione il seme della coscienza divina rinchiuso nel fondo del nostro essere; ma attraverso la pura e semplice obbedienza a un’istituzione. Scopo della nostra vita non è capire, non è essere liberi, non è farla finita con l’attaccamento a quel bambino viziato che è il nostro ego; no: lo scopo è solo quello di obbedire, senza chiederci il perché e il per come: obbedire, come in una macchina un ingranaggio obbedisce alla finalità per cui è stato creato. Per Sant’Agostino, e con lui tutti coloro che, come le chiese ufficiali, degradano Dio e la religione a meri mezzi per i loro fini di potere, la frase evangelica “se non vi farete come bambini non entrerete mai (nel regno dei cieli)” non può che significare allora che questo: nel regno dei cieli c’è posto solo per chi si rassegna a non divenire mai pienamente adulto, con la dignità, responsabilità e volontà creatrice che all’adulto competono, accontentandosi di rimanere bambino. D’altra parte, se non rimanesse un bimbo fiacco, bisognoso, impaurito, non si troverebbe nelle condizioni di aver bisogno di Dio, e quindi di ubbidire a tutto ciò che la chiesa, autoelettasi ipostatizzazione di Dio in terra, gli chiede. Veramente, una tale concezione della religione e della spiritualità, ivi sottesa, non può che essere promossa da istituzioni di potere, aventi come unico scopo tutelare i propri privilegi.
Veramente, una tale concezione dello spirito non può che essere promossa da religioni e istituzioni di potere aventi come unico scopo tutelare i propri privilegi. Essi non vogliono avere a che fare con uomini liberi, ma con sudditi.

Nella nostra civiltà della potenza l’esistenza è concepita solo nei termini di attaccamento all’essere affinché non ci sfugga. E’ evidente quindi che il termine distacco sia diventato sinonimo di scivolamento verso l’inesistenza. Si ritiene infatti che si può esistere solo se si tiene saldamente l’essere nelle nostre mani.
Abbiamo perso la nozione che l’essere non è ciò che teniamo stretto a noi e che, quindi, a ben vedere è altro da noi; ma siamo noi stessi l’essere. Non abbiamo bisogno di esservi attaccati per esistere; pertanto nessuna forza esterna potrà mai sottrarcelo.

Al pari della parola spirito, anche la parola distacco è un altro esempio di come la nostra visione del mondo abbia impregnato di sé il significato delle parole. Non esiste più la concezione di distacco come pienezza di vita, come conditio sine qua non per cui lo spirito possa manifestarsi, concezione presente nella tradizione mistica di tutte le culture.
Certo, anche nella nostra cultura il distacco è messo in relazione con lo spirito; solo che da noi però il distacco porta ad uno spirito che è mortificazione della forza con cui la vita tende a giungere alla pienezza della sua definizione, pienezza che non è possibile senza il finito della materia.
Tale distacco, di conseguenza, porta ad una vita indefinita che ci sfugge fra le mani; una vita che non riusciamo a individuare perché la sua consistenza, non avendo la stabilità per reggere alla violenza degli scontri con la compattezza di ciò che è saldamente definito, si sfalda, cosicché ci ritroviamo in mano solo frammenti di vita, dai quali diventa arduo ricostruire la nostra identità.
Ecco allora che, incapaci di individuarci con la solida definizione che è propria del mondo materiale, ci distacchiamo da questa per tentare un’individuazione un po’ meno materiale grazie a ciò che chiamiamo spirito.

Nella nostra cultura l’accesso allo spirito avviene mediante il distacco dalla materia. E’ un distacco in linea col pensiero non dialettico: negando la materia–finito, si manifesta l’opposto, lo spirito–infinito.
Ma questo non è certo il vero distacco o, almeno, il distacco secondo la concezione dialettica di spirito, quale la si trova nell’autentico misticismo. Il vero distacco consiste nel lasciar la presa, non solo la presa sulla materia, ma anche sul cosiddetto spirito, cioè cessare l’attaccamento psicologico alla sfera del sacro, alla quale chiediamo rassicurazione, comprensione, amore.
Anzi, l’attaccamento a valori ed esseri immateriali, quali quelli della religione e di tutto ciò che è permeato di sacralità trascendente, potrebbe essere indice di una modalità esistenziale ancor più incentrata sull’avere di quella materialista. Infatti l’attaccamento a ciò che è spirituale, essendo attaccamento a ciò che, in quanto difetta di concretezza, è poco saldo, determina per compensazione che ci si attacchi ad esso con più forza, generando fanatismo e intolleranza dogmatica
Il vero distacco prescinde dall’oggetto dell’attaccamento; la sua essenza sta nel cessare di rapportarsi alla vita in termini di potenza, con la quale vogliamo catturare l’essere, perché sentiamo che l’unica modalità per essere è quella di afferrarlo saldamente, il che, ovviamente, richiede forza, potenza.
Non riusciamo più a sentire che potrebbe darsi anche un’altra modalità per essere: lasciare la presa su di esso, il che corrisponde a lasciarlo libero, libero di scegliere di manifestarsi come volontà, quindi come coscienza, soggettività. Temiamo che, una volta lasciato libero, l’essere non torni più a noi.
Certo, non torna più a noi come oggetto perché, lasciandolo libero, gli permettiamo di divenire soggetto. E forse è meglio che non torni come oggetto, perché in un mondo di oggetti potremo certo veder accrescere la nostra potenza, ma con quale terribile solitudine la pagheremo! E la solitudine è una cattiva consigliera: basti vedere verso quale abisso nichilista ci sta conducendo l’individualismo esasperato della nostra società.

Ma se non torna a noi come oggetto, perché escludere che possa tornare come soggetto?
Da secoli ci siamo abituati a pensare che l’unica modalità esistenziale sia quella di rapportarci all’essere in termini di potenza; con essa pensiamo di poter legare l’essere a noi. Riteniamo infatti che l’unica forma di legame possibile sia quella della costrizione esercitata dalla forza.
Ciò indica chiaramente che non crediamo più che tra le forze che reggono la vita ci sia anche l’amore. Non l’amore mercantile, che a quello crediamo, ma l’amore libero che non chiede niente in cambio, perché non ha bisogno di niente. Questo amore ha nome spirito e la via che porta ad esso è il distacco. Non un distacco specifico, come quello dai beni materiali, ma il distacco da qualsiasi attaccamento; e certamente anche il distacco da chi e da ciò che crediamo possa garantirci beni cosiddetti spirituali, come amore, rassicurazione, protezione.

Uno dei più grandi mistici – Meister Eckhart – è chiaro in proposito: “Prego Dio di liberarmi da Dio”. Beh, certo: fin quando si è nello stato del bisogno non si è capaci di amare liberamente, perché col bisogno esercitiamo una forma di costrizione sull’altro. L’amore libero, lo spirito, è possibile solo allorché ci emancipiamo dal bisogno. Solo così ci rapportiamo all’altro senza attaccamento, senza la finalità di farne un mezzo per i nostri scopi. Potrebbe sembrare che il distacco dall’avere tout court costituisca una forma radicale di distacco che comporta anche un allontanamento totale dalla dimensione del finito. Pare che il distacco, non avendo più bisogno di nulla, basti a se stesso, per cui non avrebbe certo motivo di relazionarsi con alcunché. Questo modo di pensare appartiene a chi crede che ci si relazioni con l’altro solo per avere.
Abbiamo evidentemente perso la capacità di sentire che ci si possa relazionare con l’altro per dare e basta. Certo, anche nella nostra cultura è contemplato il bisogno di dare, però sempre con la richiesta, più o meno esplicita, di ricevere qualcosa in cambio: se non una gratificazione materiale, almeno una morale.
Ma dare e basta, questo proprio ci è difficile capirlo. La ragione è che non riusciamo più ad avere accesso a quella pienezza di vita che tracima per sua stessa esuberanza dalla nostra finitezza per riversarsi all’esterno.
Ogni filosofo degno di questo nome ci dice che tale pienezza è raggiungibile solo attraverso un percorso dialettico. Riferiamoci, tanto per fare un esempio, a Kierkegaard: “quando hai perso ogni speranza, diventi libero”. Perdere ogni speranza è perdere ogni apertura verso il futuro, cosicché si diventa prigionieri dentro le maglie di un presente intrascendibile.
Ma è proprio nell’angustia di questo invalicabile finito che può sorgere la libertà. Il finito, infatti, è necessario per impedirci di cercare la libertà fuori di noi, costringendoci così a ricercarla dentro di noi.
L’esperienza autentica dello spirito richiede quindi il confronto e, anche e soprattutto, lo scontro col finito della realtà concreta; altro che la fuga dal reale, condita con fumosità misticheggianti di quella che normalmente passa per spiritualità! Richiede più azione che pensiero, perché il finito lo si percepisce molto di più quando si cozza contro la realtà con l’azione che col pensiero.
Lo spirito è rivoluzionario per natura perché porta la dialettica all’interno del mondo materiale, onde far saltare il finito della pretesa intrascendibilità delle istituzioni di potere.

Oggi più che mai si sente il bisogno di spiritualità autentica perché più che mai abbiamo “l’ uomo a una dimensione” di marcusiana memoria: la potenza come unico valore e scopo della vita. Una potenza che si manifesta come: 1) culto della tecnica 2) potere del denaro 3) oggettivizzazione dell’essere onde ridurlo a merce, per gratificare i nostri appetiti materiali, o a strumento per i nostri fini, 4) bisogno di plagiare le coscienze attraverso un uso massiccio dei mass-media, volto ad attuare una sorta di naturalizzazione dell’esistente, come a dire che il vigente ordine politico-economico sarebbe il più conforme alla natura umana.
Tutte queste diverse manifestazioni del potere si possono riassumere in un solo nome: capitalismo. La spiritualità dialettica è pertanto antagonista radicale del capitalismo. Al potere come dominio, come quell’attaccamento all’essere, che si chiama avere, contrappone il potere come distacco, affinché l’essere sia lasciato libero. E’ nella libertà, infatti, che – secondo Eckhart – si palesa la natura divina dell’essere: “l’ uomo distaccato costringe Dio a fargli la grazia”. Solo se libero da attaccamenti lo spirito può manifestarsi nella sua grandezza creatrice e pienezza di vita, condizioni indispensabili perché possiamo liberarci dalle seduzioni della potenza dell’avere.

(1)La chiamo plastica perché l’ intelligenza umana, a differenza di quanto avviene per gli animali, è alquanto libera dai vincoli istintuali cosicché, mentre gli animali guidati dall’istinto agiscono rimanendo entro i limiti fissati dalla natura per salvaguardare la biodiversità, gli uomini invece sono capaci di un pensiero non condizionato più di tanto dalla natura. Di qui la plasticità dell’intelligenza umana, intelligenza capace sì di innalzare l’essere verso il divino, ma anche di una distruttività tale da far regredire la vita allo stadio minerale.

Geoingegneria

GEOINGEGNERIA

di Matteo Caccia e Paolo Bogni

Se per geoingegneria s’intende l’applicazione di tecniche artificiali attraverso cui le classi dirigenti del pianeta intervengono sull’Ambiente fisico apportando delle alterazioni al clima, la domanda che noi ci poniamo è la seguente: quali sono i moventi che spingono l’elitè globale del pianeta a porsi il problema della modificazione del clima e cosa sta al fondo della formulazione di questo problema?

Il geo-ingegnere ipotetico ci risponderebbe affermando che la geoingegneria è una scienza applicata in contrasto agli effetti dovuti all’emissione massiccia di CO2 nell’atmosfera degli ultimi secoli di industrializzazione (in particolar modo quella attuale capitalista) e per un controllo razionale del clima. Delle molteplici problematiche poste dal sistema economico capitalista, quello dell’emissione di Co2 è forse l’unica trattata dai mass media con la dovuta attenzione, mentre altre problematiche (signoraggio, sfruttamento da plusvalore, etc..) sono praticamente assenti dai circuiti ufficiali di stampa, televisione, quotidiani, agenzie, e via elencando. E già questo particolare dovrebbe indurre in qualche riflessione.

Nella realtà, tenuto conto di questa stranezza e senza dissimulare la pericolosità dell’eccessiva emissione da industrialismo di Co2, noi elaboriamo una risposta meno banale e più complessa di quella fornitaci dal prezzolato e colluso – con i poteri forti globali – geoingegnere. La geoingegneria è, al contrario della posizione ufficiale del geoingegnere, il classico specchietto per le allodole con il quale il Sistema Globale capitalista nasconde alcuni strumenti di controllo e di manipolazione globali su popoli e territori, attraverso strutture militari e sofisticatissime strutture tecnologiche. L’obiettivo celato ma tragicamente reale è quello di rendere malleabili, disponibili, manipolabili e controllabili l’ambiente e l’umanità di questo pianeta. La geoingegneria consente di innescare carestie e siccità o, al contrario, nubifragi e – teoria che sta emergendo e sempre più sta trovando riscontri sconcertanti – fenomeni tellurici. Interno alla tematica della geoingegneria, è d’obbligo menzionare il Progetto HAARP (Progetto del Governo degli Stati Uniti d’America, con Stazioni in Alaska) che, mascherato da intenzioni neutre quali il perfezionamento delle analisi dell’atmosfera e lo sviluppo di nuove e sofisticatissime tecniche radar – che permettano agevoli comunicazioni con i sottomarini e rendano possibili radiografie di terreni in modo da rilevare armi od attrezzature a decine di km di profondità – in realtà, parallelamente agli obiettivi ufficiali, sperimenta nuove armi geofisiche sfruttando – ottimizzandole – l’emissione di onde radio ad altissima frequenza.

Per meglio predisporre l’atmosfera al fluire di queste particolari frequenze, a partire dal 1997 negli U.S.A., e dal 2003 in Italia – grazie ad un accordo discreto tra Italia e Governo statunitense – si è dato il via a questo Progetto (H.A.A.R.P.) che vede impiegati – giorno e notte su scala quasi globale – migliaia di aerei-cisterna, utilizzati per irrorare in continuazione. Gli aerei di linea volano a quote comprese tra gli 8000 ei 14000 metri circa, mentre questi aerei-cisterna volano a quote molto inferiori, dai 1500 ai 4000 metri o poco oltre, quindi li si può vedere a occhio nudo! Con il passare degli anni si è notato che il cielo ha perso il colore blu profondo, diventando azzurrino o addirittura biancastro, inoltre sono scomparsi i cumuli da bel tempo, soprattutto in prossimità dei monti. Vi è dunque una vastissima azione di Aerosol messa in atto da aerei che quotidianamente irrorano nei cieli di mezzo mondo particolari sostanze utili alla propagazione delle onde radio necessarie agli scopi del Progetto HAARP.

Questi Aerosol sono meglio conosciuti con il nome di Scie chimiche. La tematica delle scie chimiche è un fenomeno mistificato dalle Istituzioni ufficiali che lo derubricano come l’ennesima bufala di malati complottisti. Quelle strisce nei cieli, a detta delle Istituzioni, sono emesse dai normali Aerei di linea e non dai Tanker che si alzano in volo dalle basi Nato o dalle basi militari americane sparse nell’Europa o nel resto del mondo. Chi sta spruzzando le scie chimiche o chemtrails? Testimoni hanno documentato e fotografato KC-135 e KC-10 militari e jet bianchi e senza segni. Gli aerei, comunque, sono di vario tipo ma, ripetiamoci, si distinguono soprattutto per il colore bianco e l’assenza di scritte visibili. E’ frequente vedere situazioni del genere: due aerei, nel mezzo del via vai delle operazioni ed a poca differenza di quota tra loro. Dei due, uno rilascia la scia chimica e l’altro non rilascia alcuna scia.

Non è possibile, pertanto, che la scia visibile sia una normale scia di condensa, bensì un qualcosa che si sta spruzzando appositamente, vale a dire una scia chimica. Che differenza c’è tra le normali emissioni dei jet (scie di condensa o contrails) e una scia chimica o chemtrail? Secondo la US Air Force (ente al di sopra di ogni ragionevole sospetto di complottismo…), la normale emissione di scie di condensa, o contrails, degli aerei si forma al di sopra degli 8 km allorché i caldi gas di scarico dei motori condensano temporaneamente cristalli di ghiaccio sotto forma di sottili code di vapori, che rapidamente svaniscono come succede per la scia che segue una imbarcazione. Secondo le definizioni tratte da pubblicazioni di enti come l’EPA o l’FAA una scia di condensazione consiste fondamentalmente di vapore acqueo, immesso nell’atmosfera dagli scarichi caldi di un motore in quantità sufficiente a saturare, una volta a contatto con l’aria fredda d’alta quota, e condensarsi momentaneamente in cristalli di ghiaccio o goccioline d’acqua.

Di norma, queste scie di condensa si formano soltanto dagli 8.000 metri in su, con temperature inferiori ai -40°, con umidità relative non inferiori al 70%. Le scie di condensa si dissipano mediamente in una cinquantina di secondi, o al massimo qualche minuto. Le scie chimiche, al contrario, si formano in condizioni meteo che non consentono la formazione di scie di condensa. Ripetiamo: le scie chimiche spesso si formano in condizioni meteo che non consentono la formazione di scie di condensa. Inizialmente assomigliano alle scie di condensa o contrails, ma sono molto più spesse, si estendono da un capo all’altro del cielo e sono spesso rilasciate in variegati “incroci ad X”, “reticoli” e linee parallele e incrociate. L’inconsistenza delle obiezioni di chi definisce superficialmente le scie chimiche come normali scie di condensa viene smentita facilmente con diverse prove e considerazioni. Una delle più frequenti è la documentazione di scie “intermittenti”, situazione che esclude la scia di condensa, tassativamente. Invece di dissiparsi rapidamente, le scie chimiche si espandono e lasciano vapori a forma di “piume” e “code di cavallo”. In qualche decina di minuti, si aprono originando formazioni a ciuffi che poi si uniscono, formando un sottile velo bianco, oppure “falsi cirri” che persistono per delle ore. Nell’anno 2000 alcuni osservatori hanno iniziato a riferire avvistamenti anche di scie chimiche o chemtrails dall’apparenza “meno visibili”, così come spray dei jet quasi invisibili.

Tuttavia, questi testimoni aggiungono che di nuovo si formano nuvole che lasciano le solite piume e code di cavallo proprio come le scie chimiche fanno. E’ opinione diffusa che si sia calibrata la miscela dell’operazione, visto che le voci che si levano al riguardo di questo fenomeno si stanno diffondendo e un numero sempre maggiore di persone inizia a rivolgere lo sguardo al cielo. Dopo centinaia di prelievi ambientali in mezzo mondo, si è constatato che questi aerosol (scie chimiche) contengono una serie di particolati metallici quali: Alluminio, Bario, Quarzo, Silicio, Stronzio, Manganese e altri ancora; c’è da sottolineare che – dalle analisi fatte – alluminio e bario sono tra quelli diffusi in maniera più massiccia! Inoltre, nei campioni ambientali si rilevano sempre tracce di fibre organiche biologico-sintetiche, oltre che batteri, virus,e globuli rossi essiccati. I Sali metallici hanno reso l’aria elettroconduttiva e non più neutrale come dovrebbe essere. Questo significa che l’aria può trasmettere e propagare energia. Un’altra caratteristica importante è che i particolati metallici (come il bario) sono igroscopici, distruggono l’umidità e le nuvole. Infatti, nel corso degli ultimi dieci anni, sono scomparsi i cumuli cosiddetti da “bel tempo”, oltre al cielo di colore blu, come accennato in precedenza. Per quanto riguarda le fibre sintetiche, qui il quadro è ancora più complesso, perché queste vengono respirate ed introdotte nel nostro organismo, si sviluppano e si replicano all’interno di esso. La biologa Sofia Smallstorm sostiene che ci sono dei tentativi in atto da parte della scienza – legati all’opera di questi aerei cisterna – di modificare il DNA umano con esperimenti (nella fattispecie gli Aerosol) su larga scala. Varie persone nel mondo stanno sviluppando una malattia che consiste nell’espulsione dalla pelle di queste fibre e filamenti, attraverso delle ferite che non si rimarginano. Questa malattia è chiamata Sindrome di Morgellons.

Quali sono le altre patologie correlate all’inalare quotidiano di questi particolati? Allergie immotivate e di varia natura; danno all’apparato respiratorio; danno all’apparato digerente e cardio-circolatorio; danni al sistema nervoso; compreso depressione, insonnia, amnesia, cefalea, alzheimer, Parkinson, SLA, ed altre malattie neurologiche, linfomi e mielosi (tumori ai polmoni). In Italia sono state fatte interrogazioni parlamentari che hanno certificato – nella risposta dei ministri pseudocompetenti – che la Questione posta non è di competenza nazionale. Lo Stato, in poche parole, non ha voce in capitolo, se non nei termini riservati a un cameriere che deve eseguire ordini “da fuori”, stabiliti da accordi segreti imposti da potenze nemiche (che si suppongono amiche…), e i cui ambasciatori vengono invitati ogni anno a festeggiare (?!) il 25 Aprile. Dato che il tutto parte davvero da troppo in alto, attualmente l’azione politica che possiamo fare – nel quadro di una formazione di un movimento rivoluzionario che rovesci il Sistema capitalista globale – è informarci, alzare gli occhi al cielo, osservare e porci domande, perché loro non la smetteranno, andranno avanti giorno e notte per anni o decenni, fino a quando avranno raggiunto tutti i loro obiettivi. E i mezzi di comunicazione, nel frattempo, continueranno a negare.

Ma quali sono i loro obiettivi? Di alcuni ne abbiamo già accennato, di altri ne parleremo adesso. Proviamo a ricapitolarli ed elencarli:

  • – Affinare e perfezionare un Sistema planetario globale di Controllo e Manipolazione del Genere Umano e, per esteso, del Pianeta Terra, con tutti i suoi residenti, siano essi degli esseri viventi e non viventi.

  • – Elaborare e approntare sistemi di radiocomunicazione militare attraverso radar e onde ad altissima frequenza.

  • – Controllare il Clima e l’Ambiente da utilizzare come Arma Geofisica (induzione a fenomeni atmosferici e tellurici).

  • – Indirettamente favorire lo sviluppo di colture OGM, danneggiando piante e coltivazioni naturali.

  • – Ammalare e peggiorare complessivamente lo stato di salute dell’umanità, favorendo l’aumento del business delle Multinazionali Farmaceutiche.

  • – Apportare modifiche e alterazioni al DNA umano per favorire il processo di transito dall’ultimo Uomo al transumanesimo, laddove vi sarà indistinguibilità tra individuo e macchina.

 

ARTICOLI SECONDARI

Articoli e siti sul tema:

Moneta e Finanza


COSA E’ L’ODIERNA TRUFFA MONETARIA

di Paolo Bogni

Premessa: nello scritto che segue noi tratteremo brevemente e per sommi capi il Problema del Signoraggio Bancario Moderno, cioè di quel fenomeno che è sotto i nostri occhi (per chi lo vuol vedere…) negli ultimi tre secoli. Ci disinteressiamo, qui, dei precedenti Signoraggi presentatisi nella Storia in quanto essi non sono per noi motivo di immediata analisi politica. Per Signoraggio bancario, dunque, s’intende il Profitto conseguito da circa tre secoli (data convenzionale d’inizio: 1694, Anno di Fondazione della Banca Centrale d’Inghilterra) da quegli Enti – Banche – che producono Moneta e sovrintendono alla sua circolazione tramite Prestiti. Il Signoraggio bancario è un Reddito monetario di cui si appropria il Sistema Bancario planetario nel momento in cui esso emette la Moneta (Prima Fase) e nel momento in cui presta la Moneta (Seconda Fase). Per Sistema Bancario planetario s’intende l’interconnessione delle Banche Centrali e delle Banche Commerciali operanti globalmente sul Pianeta Terra. Di seguito mostreremo e dimostreremo che il Signoraggio bancario è una Truffa monetaria. Il Signoraggio bancario è sostanzialmente una Truffa anche se legalmente permessa in quanto “coperta” da legislazioni nazionali e internazionali che consentono giuridicamente il compimento sia della Prima che della Seconda Fase del suo sviluppo. La Truffa fondamentalmente consiste nel mascherare e dissimulare l’Emissione dal Nulla e il Prestito tramite Moltiplicazione virtuale della Moneta circolante a corso forzoso e in regime di Monopolio.

Le Due Fasi del Signoraggio si distinguono in Signoraggio Primario (Prima Fase) e Signoraggio Secondario (Seconda Fase).

Il Signoraggio Primario consiste nella differenza – plusvalenza – tra i costi di produzione materiale di banconote e/o la loro digitazione elettronica e il loro valore facciale (nominale) accettato convenzionalmente e legalmente. Il Soggetto Agente Beneficiario del Signoraggio Primario è il Cartello delle Banche Centrali. Si calcola, ad esempio, che alla Banca Centrale dell’Unione Europea – la BCE – una banconota di 100 euro costi una decina di centesimi di euro, mentre essa la cede al costo del valore nominale maggiorato di interessi, valutabili nel Tasso di Sconto da essa stessa deciso e imposto grazie a precisi Articoli contenuti nel Trattato di Maastricht….! La contropartita obbligatoria che invece lo Stato deve riconoscere alla Banca Centrale in cambio della Moneta da essa emessa è il ricavo ottenuto alle Aste primarie presso cui sono stati collocati i Titoli di Stato emessi dal Ministero del Tesoro e il cui introito finisce nelle tasche della Banca Centrale. Allo Stato, però, toccherà l’”onore” e l’onere di saldare il Debito con coloro i quali deterranno quei Titoli di Stato (che sono Obbligazioni, cioè un Prestito) alla loro scadenza.

Sulla capacità di Solvenza di uno Stato di onorare il Debito a scadenza si pronunciano le cosiddette Società di Rating (Standard & Poor’s, Fitch, Moody’s, Dagong), S.p.A. quotate in Borsa e in pieno conflitto di Interessi nel momento in cui alcune loro azioniste (Fondi di investimento, soprattutto) possiedono nel proprio Portafoglio Titoli di Stato sulla cui solvibilità esprimono il loro giudizio.

Per completare legalmente il Ciclo criminale, il Signoraggio Primario (nella persona del Soggetto Agente Beneficiario, vale a dire la Banca Centrale) abbisogna fondamentalmente di Tre coperture giuridiche:

  1. Il Monopolio esclusivo dell’Emissione dal Nulla e dietro Interesse della Moneta a corso forzoso circolante in un dato Territorio. Corollario di questo Monopolio è la speculare emissione dei Titoli di Stato da parte dello Stato con la quale esso inaugura l’Indebitamento Eterno rispetto alla Moneta circolante e l’Abdicazione del Monopolio di Emissione (che deteneva sino a tre secoli fa) che dovrebbe competergli in caso di Sovranità Monetaria, che all’oggi è invece appannaggio del Sistema Bancario.

  2. Operare un Falso in Bilancio consentito dai Regolamenti di Redazione di Bilanci delle Banche Centrali contenuti negli Accordi G.A.A.P. elaborati definitivamente a Basilea 3 nel quadro del Coordinamento attuato dalla Banca dei Regolamenti Internazionali. Questi Accordi sono stati sistematicamente ratificati da quasi tutti i Parlamenti di ogni Nazione. Il Falso in Bilancio consiste nel mettere alla voce Passività la Moneta emessa e prestata, quando invece essa – lungi dall’essere una passività – è a pieno titolo un’Attività, in quanto su essa viene addirittura esercitato un tasso di interesse!

  3. Occultare legalmente i proventi delle Aste Primarie attraverso il posizionamento dei proventi stessi all’interno di Stanze di Compensazione Finanziarie Internazionali, legalmente riconosciute (Euroclear e Clearstream sono le più note). Esse sono dei luoghi in cui vengono conservati e scambiati Titoli e Valori, ma solo a livello elettronico. Queste Stanze di Compensazione funzionano tenendo liste di Multinazionali e Banche di tutto il Mondo (soprattutto le Centrali e le più grandi tra le Commerciali) e mettendole in contatto ed organizzando scambi elettronici di Titoli tra loro. Il problema è che non c’è modo di sapere i nomi delle strutture che sono dietro a queste operazioni, di cui si è venuto a conoscenza grazie a dichiarazioni rilasciate da “pentiti” che lavoravano all’interno di esse (Per tutti valga “Soldi. Il Libro nero della finanza internazionale”, scritto da Denis Robert ed Ernest Bakes, Editrice Nuovi Mondi, 2004). L’Occultamento del Reddito da Signoraggio Primario avviene grazie alla mediazione notarile che le Stanze operano con altri loro Clienti particolari: Società off-shore e Istituzioni finanziarie con Sedi in paradisi fiscali.

Corollario del Reddito da Signoraggio Primario è il Debito che pubblicamente lo Stato contrae con i Sottoscrittori dei Titoli di Stato (Obbligazioni, ovvero Prestiti a scadenza…) che in prima istanza vengono ceduti alla Banca Centrale in cambio della Moneta emessa e girata – a Debito – allo Stato stesso. La natura pubblica di questo Debito lo connota in quanto Debito Pubblico.

La Seconda Fase del Signoraggio Bancario è denominata Signoraggio Secondario e vede – nel ruolo di Soggetto Agente Beneficiario – l’Aggregato delle Banche Commerciali. Questa Seconda Fase della Truffa legale necessita fondamentalmente di una sola, ma decisiva, copertura giuridica:

  1. la legge sulla Riserva Frazionaria obbligatoria, secondo la quale, una volta incassato un deposito (per esempio: apertura di un normale conto corrente), la Banca commerciale è obbligata a trattenerne solo una minima percentuale come Riserva (presso la Banca Centrale di sua competenza) a garanzia dell’intera somma, mentre tutto il resto può essere prestato a interesse. Ne consegue che, con un mero gioco contabile, una Banca o una filiera di Banche (Aggregato) può arrivare a prestare decine di volte ciò che realmente possiede – attraverso la dinamica del Prestito-Deposito-Prestito… -, incamerando gli interessi su ciò che non ha e creando una forte differenza tra la quantità di denaro reale e quello dichiarato. In pratica, all’Aggregato delle Banche Commerciali è legalmente consentito di Moltiplicare virtualmente Moneta (anche qui, come nel Primario, la creazione è ex-nihilo, dal Nulla) e prestarla dietro Interesse con la sicurezza legale che il Cittadino, l’Ente Locale e l’Impresa forniscano Garanzie ed Ipoteche.

Con il meccanismo del Prestito, Mutuo, Finanziamento e del Fido, la Banca commerciale si pone in una posizione dominante rispetto all’economia produttiva (Privati e, soprattutto, Imprese e Aziende) che da questi strumenti dipende. Il circuito della Moneta strutturalmente Debito, infatti, rende obbligatoria la dipendenza finanziaria del Soggetto produttore dal sistema bancario. I molti suicidi di quest’ultimo biennio (2012/13) e i molteplici fallimenti di Imprese o Esercizi sono imputabili a questo tipologia di Debito.

Pertanto, contraltare e corollario del Reddito da Signoraggio Secondario è il Debito che privatamente un Cittadino, un Ente Locale o un’Impresa contrae all’interno dell’Aggregato delle Banche Commerciali. Questo Debito è denominato Debito Privato.

Si tenga infine conto che gran parte delle Banche Centrali esistenti al Mondo sono possedute nella quasi totalità delle proprie partecipazioni da Banche commerciali private. Questo fatto è confermato dalla composizione azionaria sia delle Federal Reserve, proprietaria ed emettitrice del Dollaro, sia della BCE, proprietaria ed emettitrice dell’Euro. C’è dunque una continuità tra la Prima e la Seconda Fase della Truffa monetaria di cui ci stiamo occupando, in quanto gli attori criminali sono gli stessi in ambedue i frangenti.

  • All’Oggi, oltre il 95% della Moneta circolante è Moneta elettronica. La Moneta cartacea rappresenta meno del 5%. Questo dato ci dice e ci suggerisce che l’avvento totale della Moneta elettronica in quanto Moneta circolante è vicina al traguardo, fissato in quanto preciso obiettivo dalle Oligarchie Globali che dominano la Finanza planetaria da tre secoli in qua. Se questo obiettivo dovesse concretizzarsi, le attuali Due Fasi del Signoraggio Bancario sarebbero superate e la Moneta elettronica integrale sarebbe emessa e prestata in regime di un Nuovo Signoraggio: il Signoraggio Unificato. A quello stadio, le Banche Centrali avranno esaurito il loro compito e l’intera operazione di Truffa sistematica sarebbe compiuta esclusivamente dalle attuali Banche Commerciali. Correlato al nuovo regime di circolazione integrale di Moneta elettronica vi sarebbe l’ulteriore incremento e sviluppo dei microchips sottocutanei come strumenti di pagamento e rilevamento, i quali, oltre alla funzione di mediazione creditizia o debitoria, sarebbero un ulteriore strumento di controllo del soggetto microchippato.

  • La Moneta emessa e prestata dal Sistema Bancario planetario concorre fondamentalmente alla creazione del Capitale (valorizzazione di Mezzi e Strumenti attraverso cui l’Economia planetaria degli ultimi tre secoli produce Merci ed eroga Servizi). L’Economia planetaria diffusasi e resasi egemone nel mondo in questi ultimi tre secoli prende il nome da un derivato del concetto di Capitale ed è conosciuta con il nome di Capitalismo. Questa Economia ha la peculiarità di esigere necessariamente una differenza positiva tra capitale investito iniziale e capitale accumulato tramite la vendita del Prodotto, sia esso una Merce o un Servizio. Il Sistema bancario planetario rappresenta il Capitalismo finanziario. I Soggetti che invece detengono i Mezzi e gli Strumenti valorizzati dalla Moneta emessa e prestata dai Banchieri sono i promotori (Imprenditori) del Capitalismo produttivo e sono i Soggetti che hanno la necessità di aumentare strutturalmente il loro capitale iniziale investito.

  • Vi è un legame circolare di reciproca dipendenza tra Capitale Finanziario e Capitale Produttivo. Il Plusvalore estorto dal capitalista produttivo nei confronti del dipendente da Capitale è strutturalmente condizionato dalla Crescita infinita a cui è sottoposta la Produzione di Merci e l’Erogazione dei Servizi, in quanto il Capitale produttivo dipende – a sua volta – dal Capitale finanziario il quale valorizza – con la Moneta-Debito da esso inserito nel Ciclo produttivo – il Capitale investito dal proprietario dei mezzi di produzione. Alla base del devastante sviluppismo economico capitalista sta dunque l’intreccio tra l’azione del Banchiere e l’interesse del Capitalista, nella diabolica combinazione tra Moneta-Debito e Plusvalore. In altre parole, è impossibile perseguire la Sovranità Monetaria mantenendo in vita le strutture di Sfruttamento (generate dal Plusvalore) dell’Economia capitalista. Così come la Moneta non ha alcun Valore in un’isola deserta, la Moneta-Debito del Banchiere Moderno non avrebbe alcun senso all’interno di un’Economia che non fosse Sviluppista e Sfruttatrice, quale quella Capitalista. Questa Moneta-Debito infatti ha la stessa età del Capitalismo (tre secoli); e non è, ovviamente, un caso. E per Capitalismo noi intendiamo anche quello di Stato, tipo l’Unione Sovietica dei tempi andati o l’attuale Repubblica Popolare Cinese.

  • Banchieri e Imprenditori sono gli artefici di un Mondo in cui il Signoraggio Bancario, la cui caratteristica è il Parassitismo, è necessariamente sinergico all’Economia Sviluppista che dà luogo allo Sfruttamento e all’Alienazione.

  • La Società Globale capitalista è la stessa in cui convivono gli iperconsumisti, gli iperindebitati, gli ipersfruttati, i denutriti, i malati psichici, i malati cronici, i morti per fame e miseria procurate e gli alienati.

  • Ergo, se il Signoraggio bancario è un problema da mettere a tema nell’agenda Politica, questo problema è da riconsiderare alla luce di un Problema più grande in cui esso necessariamente si inscrive: il Problema Capitalismo. Banchieri e Imprenditori (soprattutto Multinazionali e Grandi Aziende) sono ruoli sì distinti ma che agiscono all’interno dello stesso scenario. Se si vuole seriamente combattere il Signoraggio bancario bisogna contemporaneamente combattere anche le dinamiche sviluppiste del Capitalismo produttivo che generano Sfruttamento e Alienazione.

Con questo presupposto, è da escludere radicalmente e nella sua totalità ogni nostra osservanza e attenzione alle analisi critiche compiute sulla Moneta-Debito odierna avanzate dalla cosiddetta Scuola Austriaca (il cui esponente di maggior rilievo è Ludwig Von Mises), che anzi rappresenta il peggio dell’ideologia libertaria applicata al mercato capitalista auspicato nella sua assolutizzazione.

  • Se si vuole seriamente combattere il Signoraggio bancario e giungere alla Sovranità Monetaria è necessario combattere l’intero scenario in cui recita il proprio criminale ruolo il Banchiere, vale a dire l’intero Sistema Capitalista globale.

Perché questa Moneta non è uguale per tutti

Circolarità e Transitorietà

Uno dei luoghi comuni più duri a morire anche in molti tra coloro che sarebbero altrimenti disposti a criticare in buona fede la criminalità dell’Alta Finanza, del Sistema Bancario Globale o del Monetarismo attuale in genere recita – in sintesi – che quello del banchiere è esattamente un mestiere come quello del fruttivendolo, del falegname o dell’avvocato. Paolo Barnard, per citarne uno, è un campione di questo equivoco elevato a luogo comune. Questo luogo comune sostiene che il banchiere lavora con la Moneta e trae il suo reddito dall’interesse applicato ad essa nel momento della cessione al debitore; così come il fruttivendolo trae il suo reddito dalla cessione di una cassetta di pesche al suo acquirente; così come il falegname trae il suo reddito dalla cessione di un serramento ad una Impresa edile; così come un avvocato trae il suo reddito dalla parcella percepita da un cliente da lui difeso. Questo luogo comune sarebbe verità se, e solo se, la Moneta fosse qualcosa di già dato e presente nel ciclo di produzione della merce (cassette, pesche, serramenti) o in quello dell’erogazione di servizi (cause giudiziarie,..) in forma neutra. In realtà, invece, la Moneta è inserita a forza dall’esterno del Ciclo produttivo (in regime di monopolio esclusivo) e – soprattutto – a Debito dal banchiere. Questa Moneta, inoltre, è creata ex nihilo – dal nulla – e moltiplicata virtualmente. Il Fruttivendolo, invece, non può creare dal nulla la cassetta di pesche, il falegname non può creare dal nulla il serramento e l’avvocato non può creare dal nulla la causa difensiva. In più, la cassetta di pesche, il serramento e la causa difensiva necessitano di una Moneta nel momento in cui devono costituire reddito per il fruttivendolo, il falegname e l’avvocato. Il banchiere ha dunque una doppia posizione dominante rispetto al fruttivendolo, al falegname e all’avvocato. La prima è quella che crea dal nulla, a risibili costi, l’elemento che dà valore alla cassetta di pesche, al serramento e alla causa difensiva. La seconda è che agisce in un contesto per il quale il fruttivendolo, il falegname e l’avvocato dipendono obbligatoriamente dal suo monopolio esclusivo della creazione di quell’elemento (Moneta) necessario ai tre lavoratori per costruire il loro Reddito. Dal punto di vista del banchiere, la Moneta compie un percorso circolare virtuoso: nasce dal nulla e ritorna come Valore economico. Per il fruttivendolo, il falegname e l’avvocato la Moneta compie invece un percorso transitorio vizioso in quanto il reddito da loro costruito non è fondato sul nulla (come per il banchiere) ma è fondato sulle fatiche quotidiane della gestione della Bottega di frutta e verdura, della falegnameria e sullo Studio legale. E’sulla distinzione tra Circolarità e Transitorietà che si delinea la differenza ontologica tra il Parassita e il Corpo sociale. Se l’Economia di una Comunità non è fondata sul Baratto (N.B.: L’Ideale sarebbe lo scambio puro tra Bene e Bene. Riproporre integralmente il Baratto, però, sarebbe pura Utopia e romantica fantapolitica…) e di necessità è la Moneta che deve fungere da misuratore universale, neutro e incondizionato (eccetto la convenzione su di essa accordata da fruttivendoli, falegnami, avvocati e altri lavoratori del Corpo sociale comunitario…) del Valore di una Merce o di un Servizio, è allora da interrompere la Circolarità parassita e criminale di chi emette dal nulla il Misuratore cedendolo strutturalmente a Debito all’interno dell’Economia di un Corpo sociale comunitario. In altre parole è da estinguere la figura del Banchiere che, esterno al Corpo sociale e esterno allo Stato, immette nel Ciclo economico il suo veleno, vale a dire la Moneta-Debito. La Moneta, invece, deve essere creata all’interno dello Stato e in contemporanea al lavoro del fruttivendolo, del falegname, dell’avvocato e degli altri lavoratori del Corpo sociale. Nel Corpo sociale attuale e nel Ciclo economico odierno vi sono meccanismi interni di Sfruttamento che prescindono dalla dicotomia Circolarità-Transitorietà e che riguardano più complessivamente l’intero Sistema capitalista globale di cui la Moneta-Debito costituisce il più grosso problema. Sul come produrre e consumare diversamente tratteremo però in altre Voci tematiche, laddove le criticità analizzate sono lo Sfruttamento e l’Alienazione. In questa ci occupiamo esclusivamente di come emettere e prestare moneta diversamente in quanto qui, in questa Voce tematica, la problematica di fondo da contrastare è il Parassitismo.

Secondo il nostro ispiratore Giacinto Auriti

Nel passaggio dall’analisi del Signoraggio Bancario inteso come Truffa da smascherare e da denunciare all’analisi della Sovranità Monetaria come inderogabile proposta politica e come inalienabile Diritto di un Popolo a gestire la propria economia e la propria Comunità per mezzo di una Moneta sovrana, è necessario indicare un percorso teorico che orienti il nostro cammino culturale e tracci la nostra azione politica. Molti Autori ci sono stati di aiuto in questa narrazione all’insegna del disincanto monetarista odierno, anche di quelli che analizzavano una moneta diversa e meno perniciosa di quella dei giorni nostri ma che, con genialità e intuito, presagivano l’orizzonte nichilista entro il quale andava ad inscriversi la traiettoria dello “sterco del demonio”. Aristotele, San Tommaso d’Aquino, Karl Marx, Clifford Douglas, Silvio Gesell, Ezra Pound e, sino ai giorni nostri, Maurice Allais. Ma la figura più limpida e acuta per quanto concerne l’analisi del monetarismo parassita odierno è stato Giacinto Auriti. Noi facciamo nostre le sue Fondamentali Tesi sia nella Fase della Denuncia della Truffa monetaria moderna, sia nella Fase della Fuoriuscita dal Parassitismo monetario e l’ingresso in una Nuova Fase in cui la Comunità si riappropria della Sovranità Monetaria. Queste sette Tesi, tre della Fase di Denuncia e quattro della Fase di Fuoriuscita, sono così riassumibili:

Denuncia sul Parassitismo del Monetarismo odierno

Tre Tesi di Giacinto Auriti

  1. L’Arbitrio del Sistema bancario globale che si arroga il diritto – in regime di monopolio esclusivo – di emettere e prestare Moneta strutturalmente a Debito(Pubblico e Privato), con la chiara complicità del sistema politico occidentale ad esso subordinato.

  2. La Deduzione Unilaterale e Coatta da parte del Sistema bancario globale, per la quale il Valore della Moneta è imposto a priori e dietro “coperture” illogiche e criminalmente legalizzate (Emissione di Titoli di Stato e Riserva Frazionaria).

  3. L’Abdicazione, sotto forma di un metaforico suicidio, da parte dello Stato e della Politica dai loro Doveri giuridici e politici in merito alla Sovranità Monetaria, nel momento dell’accettazione passiva di questo Arbitrio e di questa Deduzione Unilaterale e Coatta. L’Abdicazione dello Stato e della Politica è correlata alla folle, meschina e servile subordinazione che le Istituzioni Statali e i politici ufficiali hanno nei confronti del Sistema bancario globale.

Fuoriuscita dal Parassitismo del Monetarismo odierno

Quattro Tesi di Giacinto Auriti per la Sovranità Monetaria

  1. E’ la Convenzione tra gli Attori popolari di una Comunità o di uno Stato (Cittadini, Imprese economiche, Enti Locali) che funge da fondamentale ed unico presupposto che dà Valore alla Moneta, e non chi (Sistema bancario globale) la emette tipograficamente o elettronicamente – dal nulla o moltiplicandola virtualmente – in regime di fraudolento monopolio.

  2. La Moneta ha, in seguito a questa Convenzione, un Valore Indotto.

  3. Neutralità della Moneta, la sua Universalità e l’Incondizionabilità (eccetto la Convenzione) sono i Modi d’essere che il Valore Indotto conferisce alla Moneta. Da ciò si desume necessariamente quanto siano totalmente prive di fondamento logico e giuridico le due fondamentali “coperture” della Moneta circolante presenti all’Oggi all’esperienza del Monetarismo Parassita moderno, vale a dire la copertura aurea e – successivamente (o contemporaneamente) – la copertura dei Titoli di Stato.

  4. Come necessario corollario alle tre Tesi che la precedono, questa Quarta e ultima Tesi sostiene che la Moneta è di Proprietà Popolare, cioè è accreditata alla sua Emissione e gestita nel suo Prestito agli Attori popolari in forza della loro primigenia Convenzione. Lo Stato è il Noi comunitario e Istituzionale che, per conto degli Attori popolari, emette e presta la Moneta con Valore Indotto e con i tre modi d’essere della Neutralità, Universalità e dell’Incondizionabilità (eccetto quella iniziale della Convenzione).

Noi vogliamo la Sovranità Monetaria:

Cosa è e come si realizza l’unica e vera Sovranità Monetaria

Per Sovranità Monetaria s’intende la sovranità, il dominio, la gestione della Moneta da parte degli Attori popolari attraverso la mediazione comunitaria dello Stato. L’azione politica per giungere a ciò prevede necessariamente una Fase di passaggio che determini una cesura radicale con l’attuale monetarismo odierno e l’individuazione di Obiettivi che rappresentino l’articolazione dell’agognata Sovranità Monetaria che, sia detto a scanso di equivoci, così come da noi è proposta è l’unica e vera Sovranità Monetaria pensabile e realizzabile.

Noi individuiamo Cinque Obiettivi fondamentali che rappresentano le Cinque Tesi sulle quali si sviluppa la nostra azione politica.

  1. Lo Stato – anche nelle sue articolazioni Locali e Comunitarie – ha l’Esclusiva e il Monopolio dell’emissione di tutta la Moneta circolante, sia essa scritturale, elettronica, cartacea e metallica. Nelle Istituzioni dello Stato si individua un Ministero ad hoc – Ministero della Moneta – che svolga questa funzione. Deve cessare l’umiliante e servile condizione dello Stato servo dei banchieri globali che, anziché emettere Moneta, emette Titoli di Stato.

Contestualmente alla creazione del Ministero della Moneta, vi è l’automatica abolizione di qualsiasi Ente equiparabile alle attuali Banche centrali (Banca d’Italia e Banca Centrale Europea, per quanto concerne noi italiani)

  1. Cancellazione, a costo zero, del Debito pubblico pregresso, eccetto che le Obbligazioni (Titoli di Stato) detenute da Cittadini privati.

Nessun rimborso sarà riconosciuto alle istituzioni finanziarie, imprese multinazionali, banche “nazionali” e internazionali, centrali e/o commerciali che detenessero Titoli di Stato.

  1. Nazionalizzazione a costo zero per lo Stato delle Banche commerciali e loro trasformazione in Istituti di Credito territoriali. Il Credito (prestito) sarebbe gestito in sinergia con l’Emissione della Moneta e disposto dall’azione politica combinata tra Distretti territoriali comunitari e il Ministero della Moneta.

Revisione del Credito odierno e orientamento di esso in funzione di un ambito locale/comunitario improntato ad un’economia il più possibile autocentrata.

  1. Abolizione del Mercato finanziario, Borse di Titoli azionari e obbligazionari, di Istituzioni e Società finanziarie e di Assicurazioni.

L’unica forma concessa di finanziamento alla sfera produttiva è concessa allo Stato che la disciplina attraverso l’Emissione e Prestito monetari combinati con Politiche progettuali in ambito comunitario raccordate all’Interesse nazionale.

  1. Per il completamento e la definitiva realizzazione della Proprietà Popolare della Moneta, stante la necessaria applicazione dei 4 Punti precedenti e l’obbligo che vi sia la concreta ed evidente manifestazione del passaggio da una Moneta-Debito ad una Moneta-Credito, proponiamo – sotto forma di due Soluzioni – l’istituzione di due Redditi sociali (tra loro, però, alternativi ed escludentisi) che rappresentino non solo simbolicamente ma praticamente l’effettualità di una vera Libertà e Sovranità monetaria. La Prima Soluzione consiste nell’Istituzione di un Reddito di Cittadinanza a vantaggio di ogni cittadino, fin dalla nascita e per sempre, in modo tale che esso lo affranchi dalla povertà assoluta, garantendogli una dignitosa sopravvivenza. Esso è cumulativo al Reddito da lavoro. Oppure – Seconda Soluzione proposta -, si dà luogo all’Istituzione di un Reddito di Comunità a vantaggio di quelle fasce di popolazione (lavoro domestico, prima infanzia, studenti, disoccupati involontari, inabili, disabili, anziani, ecc..) non in possesso di redditi propri da lavoro ma partecipanti alla vita sociale e comunitaria. Il Reddito di Comunità non è riconosciuto ad personam fin dalla nascita (per quanto concerne l’Infanzia, ad esempio, punto di riferimento è la Famiglia) e non è cumulativo al reddito di lavoro, ma rappresenta un accredito comunitario riconosciuto a particolari gruppi comunitari. Come detto, questi due Redditi sociali sono diverse (e tra loro alternative) interpretazioni della stessa esigenza comunitaria di fondo per la quale la Moneta deve rappresentare un Credito per il Popolo e non un Debito come lo è oggi, nell’attuale modello monetarista. La scelta tra la Prima e la Seconda soluzione è a tutt’oggi oggetto di discussione interna al dibattito concernente alla complessiva disamina sulla Sovranità monetaria.

Le False Soluzioni e gli inutili palliativi

Sentiamo la necessità di sottoporre a critica radicale altre proposte avanzate da altri Gruppi che come noi combattono il Signoraggio bancario o di altre organizzazioni che pure criticano il Sistema capitalista e il suo regime monetario. Non lo facciamo per amor di polemica ma per sottolineare come un’errata analisi possa generare proposte anche non indecenti ma purtroppo ambigue, contraddittorie o addirittura funzionali al Sistema capitalista e monetarista che – anche in buona fede – si vuole combattere.

Sono soprattutto dodici le iniziative che noi radicalmente critichiamo e consideriamo insufficienti per contrastare efficacemente il Signoraggio bancario, tanto quello primario che quello secondario. Le elenchiamo di seguito, spiegandone i limiti intrinseci.

  1. La proposta della Moneta complementare (M.C.). Essa è distribuita gratuitamente a coloro i quali – in un distretto o in un territorio definito – s’iscrivono ad un’Associazione locale dove consumatori, produttori e distributori costituiscono un circolo “accettatore” di M.C.. Come esprime bene l’aggettivo, questa moneta è di complemento a quella legale (nel nostro caso l’Euro). Il suo scopo, soprattutto nei momenti di Crisi, è quello di rafforzare il potere d’acquisto dell’Euro facendo in modo che, in un territorio o in un distretto – stante l’adesione di molte Imprese al progetto – la M.C. si affianchi alla moneta legale per l’acquisto di una Merce, coprendo una percentuale (ammettiamo il 20%) del totale. Il risultato finale è che la M.C. allevia il disagio da inflazione e – artificialmente – aumenta il potere d’acquisto della moneta legale.

Ma non sposta di una virgola il problema dell’emissione usurocratica della moneta legale stessa. L’Euro è comunque di proprietà della BCE e legata ad essa c’è il Debito Pubblico che rimane inalterato. In definitiva la M.C. è da configurarsi nulla più (con tutti i suoi meriti specifici, tra i quali quello di intraprendere preliminarmente un dibattito sul monetarismo odierno) che come un particolare buono sconto, e come tale va considerata.

  1. Il SIMEC (Simbolo Economometrico di Valore Indotto) non è fondamentalmente una Moneta complementare e non è un modello per Monete complementari: l’esperimento di quella particolare moneta denominata Simec, attuato nel Comune di Guardiagrele nel 2000, è una classica incompiuta. Per bocca del suo stesso ideatore, Giacinto Auriti, essa, per giungere a compimento della sua missione, avrebbe dovuto percorrere due tappe. La prima tappa consisteva nel venire emessa a fronte di una copertura con moneta legale da tenere in giacenza nelle casseforti dell’Associazione privata di cui era segretario lo stesso Auriti, il Saus (Sindacato anti Usura). Questa moneta convertibile – valutata il doppio rispetto alla moneta convertibile di allora, la lira italiana – ebbe due meriti: 1) Rivitalizzare l’Economia locale e ridare slancio agli Esercizi del Paese. 2) Provare scientificamente la teoria del Valore indotto elaborata dopo decenni di studi da Giacinto Auriti.

La seconda tappa prevedeva l’emissione del Simec non più da parte di un’Associazione privata ma da un Ente locale o dallo Stato stesso, senza alcuna copertura aurea o contropartite obbligazionarie quali i Titoli di Stato del Debito pubblico. Il Simec avrebbe avuto come criterio distributivo l’accredito di questa moneta del Popolo attraverso il Reddito di Cittadinanza. La seconda tappa, purtroppo, non si è mai svolta e il Simec non è mai andato a regime. Giacinto Auriti – con il Simec – avrebbe voluto mettere in pratica tutta la sua importantissima elaborazione teorica (quarant’anni di studi) e provare la validità delle sue importantissime asserzioni: a) la moneta ha Valore in quanto è accettata dal Popolo che la usa come misuratore di Beni (Merci e Servizi che siano) e non ha Valore in quanto semplicemente emessa: b) la moneta è del Popolo e appartiene a esso; c) la moneta non abbisogna di alcun tipo di copertura, in quanto essa è un misuratore convenzionale, cioè è oggetto di una convenzione tra membri di una stessa Comunità. Il Simec è stata concepita come Moneta Alternativa e come tale va considerata. Il suo esperimento è purtroppo fallito. Coloro i quali tengono conto soltanto della prima tappa, rinunciando a comprendere che il concetto si sarebbe completato e inverato nella seconda, e la paragonano ad una Moneta complementare snaturano il pensiero auritiano e danneggiano la battaglia per una reale Sovranità e Libertà Monetaria.

  1. L’istituzione di una Banca di Garanzia (B.d.G.): E’ singolare il fatto che anziché tendere a volere l’abolizione e la scomparsa di tutte le banche (centrali e commerciali) vi sono Gruppi o Associazioni – che pure criticano il Signoraggio e dimostrano di conoscerlo approfonditamente – che propongono la nascita…di una nuova banca. Come se già non bastassero quelle esistenti ad intossicarci la vita personale e comunitaria! Ma tant’è. La B.d.G. è pensata come una banca intermediatrice tra l’Impresa che necessita di un prestito e le banche commerciali vere e proprie che questo prestito lo concedono. Grazie ad un azionariato tra gli imprenditori, la B.d.G. si presterebbe a fare da garante per conto dell’Impresa richiedente il prestito presso la banca commerciale che rilascia il prestito stesso. In cambio la B.d.G. percepirebbe una piccola somma dall’Impresa in cambio della garanzia rilasciata. L’aspetto singolare di tutta la questione è che nei propositi stessi di chi ha pensato questa banca intermediatrice essa dovrebbe strutturalmente agire come una banca commerciale odierna: facendo leva, cioè, sulla legge della Riserva Frazionaria obbligatoria, grazie alla quale – nei termini di una contabilità metascientifica – il denaro magicamente si moltiplica. L’aumento del capitale in siffatto modo andrebbe a tutto vantaggio degli imprenditori azionisti che innescherebbero un circuito virtuoso in tutta l’Economia. Infatti, sostengono i suoi ideatori, molti buoni progetti non trovano accoglienza per la difficoltà odierna a fornire garanzie presso gli Istituti di credito. Se la B.d.G. prendesse piede, tutta l’Economia, in special modo quella legata alle Piccole e Medie imprese, decollerebbe. Abbiamo visto, però, cosa comporta ciò quando abbiamo trattato del Signoraggio secondario. Ebbene, la Banca di Garanzia si presterebbe, anche in sede teorica, a comportarsi come una qualsiasi banca commerciale! E la Banca di Garanzia presuppone comunque l’esistenza delle banche commerciali

  1. La Finanza Etica. Come esposto nel Sito specifico www.finanza-etica.it, “…L’investitore

etico è invece colui che non è unicamente interessato al rendimento delle proprie azioni, ma vuole conoscere le ragioni di fondo che realizzano questa redditività, le caratteristiche dei Beni prodotti, la localizzazione dell’azienda e verificare come vengano condotti gli affari…”, inoltre “…Individua i campi di impiego, ed eventualmente alcuni campi preferenziali, introducendo nell’istruttoria economica criteri di riferimento basati sulla promozione dello sviluppo umano e sulla responsabilità sociale e ambientale. Esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell’ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili…”. La Banca Etica, presente anche in Italia, è una risposta filantropica ai disastri planetari commessi dalla finanza cosiddetta normale. Essa fonda la propria eticità e la propria essenza – come sottolineato dalle citazioni sopra – sul fatto che nessun investimento è riservato a commercio o produzione di Merci o Servizi catalogati come immorali. La funzionalità al Sistema fondato sulla Moneta-debito è però, malgrado le buone intenzioni, totale. Infatti, quale moneta “maneggia” la Banca Etica? La stessa moneta emessa dalle classiche banche centrali con tutto il carico annesso del Debito Pubblico che essa comporta. Quale moneta presta la Banca Etica, siappure in un regime di diversa modalità rispetto a una normale banca commerciale per quanto concerne le attenzioni e la sensibilità rispetto a progetti e interventi? Una moneta moltiplicata dal nulla grazie allo stratagemma della Riserva Frazionaria; né più né meno delle stesse logiche tecniche approntate da una banca commerciale ordinaria. La Banca Etica partecipa – nel ruolo che il Sistema le destina in qualità di banca “buona” – indirettamente al Signoraggio primario, in quanto gestisce una certa moneta emessa, sia direttamente al Signoraggio secondario. Questa sorta di finanza eticamente controllata rientra inoltre nel più vasto disegno di un’Economia improntata allo Sviluppo sostenibile. La moneta “cattiva” riutilizzata “eticamente” da suddetta finanza è finalizzata comunque a stimolare un Sistema di produzione di Merci e di erogazione di Servizi che deve (perché deve) aumentare il PIL. In definitiva è un serpente che, eticamente, si morde la coda.

  1. Microcredito. Noi non siamo filantropi e nemmeno ci piace la filantropia. Essa è la religione della cattiva coscienza occidentale. Quando sentiamo parlare dell’esistenza di un banchiere dei poveri, tale Muhammad Yunus, riteniamo che questa interferenza filantropica complichi parecchio il nostro compito di disinfezione dal Sistema bancario del Pianeta Terra. Non certo perché il Sistema bancario possa redimersi grazie agli insegnamenti e alle correzioni di questo Padre Pio dell’Usura; tutt’altro. Le banche sono la più alta espressione del concetto di crimine e sono totalmente e radicalmente irriformabili. Sono la peggior forma di cancro sociale ed economico. Esse vanno semplicemente abolite. Anche la Grameen Bank, il colosso bancario di cui è a capo Yunus e che si occupa di microcredito in cinquantasette Nazioni e che totalizza profitti come una qualsiasi banca commerciale internazionale, è una di loro. Prestano soldi ai poveri senza che questi possano coprire il prestito fornendo garanzie? Vero. Lo possono ottenere, però, a patto che ogni prestito individuale sia coperto da una sorta di obbligazione di Gruppo, per il quale l’insolvenza di uno comporta l’esborso delle sue rate da parte degli altri. E le liti nate in questi Gruppi di “prestito” collettivo sono all’ordine del giorno. Sono contrastanti inoltre i diversi dati forniti in merito all’effettiva fuoriuscita dalla povertà di cifre significative dei poveri che hanno l’accesso a questo microcredito su scala internazionale. Da www.panorama.it, in un articolo del 22 novembre 2010, “India: microcredito al tracollo”, a firma di Franca Roiatti, si sostiene che “…In India i mini finanziamenti sono usciti dai confini del no profit per diventare un’impresa che vale quasi 5 miliardi di euro e ha 27 milioni di clienti: molti dei quali sono troppo indebitati e non riescono più a pagare(…). In Andhra Pradesh, uno degli stati più popolosi e poveri del subcontinente (indiano. Nota nostra), dove si concentrano il 37 per cento delle attività di tutto il settore, sono di fatto saltati rimborsi pari a circa 90 miliardi di rupie (circa 1 milione e 450 mila euro). Negli ultimi mesi almeno 75 persone si sono suicidate perché non riuscivano più a far fronte alle rate dei prestiti. Studentesse come Lalitha Mursilmula, 16 anni. Un giorno è stata avvicinata da un esattore di un’agenzia del microcredito, che insieme ad altri abitanti del villaggio hanno cominciato ad incalzarla sul fatto che i suoi genitori erano indietro con le rate, le avrebbero intimato di trovare i soldi vendendosi se necessario. Lei non ce l’ha fatta, è tornata a casa, e si è tolta la vita bevendo fertilizzante. In una lettera ha pregato i suoi genitori di non prendere altri prestiti. Il marito di Sulthana Begum, invece si è impiccato. Vendeva banane guadagnando 6000 rupie (96 euro) al mese, ma aveva debiti per 5400 rupie al mese…”. E a convincerci che dobbiamo diffidare di questa esperienza filantropica ci giunge la notizia che la Grameen Bank avrebbe voluto aprire una filiale a Bologna, in Italia (progetto saltato per ragioni, a dire di Yunus, di carattere burocratico, come ricordatoci da www.borsaitaliana.it). Lo avrebbe fatto in collaborazione con Unicredit, la seconda maggiore azionista di Bankitalia. Prova provata che Yunus è uno di loro: banchieri che emettono e prestano denaro mandando in rovina Popoli e Comunità. Personaggi che su scala mondiale creano i poveri e senza vergogna li strumentalizzano fingendo, filantropicamente, di aiutarli. Inoltre, il microcredito del signor Yunus è quanto di più propedeutico ci sia per abituare l’opinione pubblica occidentale al cambio epocale di emissione ed erogazione di prestito della moneta. Nel passaggio dall’epoca della moneta cartacea (che già oggi è minoritaria rispetto alla scritturale) a quella elettronica, il microcredito da eccezione diventerà la prassi anche nel cosiddetto Mondo ricco, perché le banche commerciali diverranno esse stesse emettitrici di moneta (virtuale) e prestatrici al tempo stesso. Incorporeranno, infatti, anche l’attuale funzione che momentaneamente è delegata alle loro celebri partecipate, le sorelle maggiori banche centrali.

  1. La nazionalizzazione delle banche centrali. Per un breve periodo l’adozione di questa mossa sarebbe un passo avanti nel combattere il Signoraggio primario; nel medio-lungo periodo è invece una scelta paradossalmente favorevole ai nostri nemici banchieri. Perché? Il compito attuale della banca centrale è emettere anche moneta cartacea ceduta agli Stati in cambio di Titoli obbligazionari emessi dai Ministeri del Tesoro, che così strutturalmente creano, ai danni del Popolo, il famigerato Debito Pubblico. Se, come temiamo, la moneta cartacea sarà progressivamente e in modo totalizzante sostituita dalla moneta elettronica, il Signoraggio che oggi noi distinguiamo in primario e secondario troverà una sua unità nella funzione di quelle banche commerciali che momentaneamente sdoppiano la loro operatività usuraia nell’emissione prima, attraverso le loro controllate banche centrali, e nei prestiti e finanziamenti poi, nelle loro attività di Istituiti privati di credito territoriali. Ha ragione Sandro Pascucci (www.signoraggio.com), quando ricorda a tutti gli studiosi di Signoraggio che, nell’attuale prospettiva che vedrà la moneta elettronica sostituire integralmente la moneta cartacea, la proposta di nazionalizzare l’attuale istituto di emissione è sterile e sostanzialmente inefficace ai fini della battaglia di una reale Sovranità Monetaria, in quanto “…Ritornerà di proprietà dello Stato un’entità (la banca centrale) che di fatto non ha (avrà) poteri, in un momento storico in cui anche la stampa della moneta perderà ogni senso, perché ogni transazione sarà elettronica , sarà pagata con moneta elettronica. Il Signoraggio non smetterà di autogenerarsi e sarà assoluto perché le banche (commerciali) avranno potere di emissione di moneta infinita in maniera incontrastata. La moneta si perderà nei circuiti virtuali e telematici dei sistemi informatici delle banche, e le carte Visa diventeranno delle piccole banche emittenti che erogheranno soldi in relazione alla capacità di indebitarsi di ogni utente. Le banche centrali nazionali non serviranno a nient’altro che come Enti amministrativi, come autority, ma non avranno alcun potere né sull’emissione del denaro né sui tassi di interesse, o quanto meno sulle fusioni bancarie. Per tale motivo le banche si disfanno di questa partecipazione, che non avrà più significato in futuro, per entrare nel Mercato virtuale e nel microcredito. Non dimentichiamo infatti che la legge del risparmio, e l’approvazione dello Statuto si accompagna ad un’altra decisione importante da prendere, ossia la deregolamentazione delle banche popolari e cooperative. Stiamo per entrare nella nuova era in cui ogni banca sarà libera di stampare la sua moneta ogni volta che dà una carta di credito, garantendo la presenza di una riserva minima. Il nostro Sistema economico sta cambiando e, mentre i banchieri sono coscienti di questo e adeguano i nuovi strumenti, noi continuiamo a viaggiare su quello vecchio che è ormai da rottamare…”. Le banche centrali sono istituzione che sono semplicemente da abolire.

  1. Il Tasso Negativo è uno strumento valido solo se applicato dallo Stato, da una Comunità o da una Federazione di Stati o Comunità nei confronti di un cittadino che desideri o ambisca ad accumulare denaro in quantità tale che oltrepassi un sobrio, limitato e regolato risparmio personale. Il Tasso Negativo (come qualsiasi altro Tasso…), in ogni caso, non è applicabile né da Banche Centrali, né da Banche Commerciali o da Enti equipollenti che già, in regime dell’ unica e vera Sovranità Monetaria pensabile e realizzabile, saranno estinti (Banche centrali) o nazionalizzati a costo zero e mutati nella loro essenza (Banche Commerciali).

 

  1. La Modern Money Theory (M.M.T.). E’ la più pericolosa delle proposte che stanno affermandosi sul palcoscenico del riformismo monetario. E’ la più falsa tra le soluzioni proposte per superare il monetarismo odierno. Facciamo nostre le critiche puntualmente portate da Salvatore Tamburro sul suo portale salvatoretamburro.blogspot.it e le riportiamo senza nulla togliere o aggiungere.

“…Prima di analizzare questa teoria, vediamo però quali sono i presupposti su cui si basa. Premesso che la M.M.T. non si basa sulla sovranità monetaria nelle mani dello Stato e conserva pertanto sempre 3 soggetti distinti nel contesto della politica economica: lo Stato (il Tesoro)-pubblico, la Banca Centrale(BC)-privata e le banche commerciali-private. Inoltre, tutto il sistema raffigurato dalla MMT si basa sulla FIAT MONEY, ossia moneta a corso forzoso che altro non è che un credito d’imposta non supportato da alcun bene tangibile. La Fiat Money nasce nel 1971 quando il presidente americano Nixon decise che il dollaro, prima ancorato all’oro (gold standard), dovesse abbandonare la convertibilità. Da allora chi emette moneta può stampare tutta la moneta che vuole senza correrarla ad un bene tangibile, come poteva essere un tempo l’oro o l’argento.

Warren Mosler, uno dei grandi sostenitori della MMT, afferma:

“Lo scopo di questo lavoro è di dimostrare in modo chiaro, attraverso la pura forza della logica, che gran parte del dibattito pubblico di oggi su molte delle questioni economiche non è valido, spesso arrivando addirittura a confondere i costi con i benefici. Questo non è un lavoro su come dovrebbe funzionare il sistema finanziario. Si tratta di un tentativo di fornire una conoscenza precisa del sistema fiat money, sistema molto efficace attualmente in vigore.”

In sostanza la MMT afferma che non bisogna avere paura di generare deficit di bilancio (uscite > entrate) e, anzi, creare deficit è una cosa buona, perchè significa che la spesa pubblica (uscite) è maggiore delle tasse (entrate), e così facendo aumenta il risparmio dei privati e allo stesso tempo aumentano i consumi, e l’economia gira bene.

G – T = S – I

(G=spesa pubblica; T=tasse; S=risparmio; I=investimento)
Dove se G > T si avrà un deficit di bilancio.

Inoltre secondo la M.M.T. le tasse non servono a finanziare il governo (che con la fiat money può usare tutta la moneta che vuole), bensì sono solo uno strumento politico per regolare inflazione e disoccupazione. Precisazione importante. La M.M.T. precisa che le banche sono obbligate per legge a detenere presso la Banca Centrale (Federal Reserve o BCE) delle riserve obbligatorie in percentuale dei depositi. Con l’obbligo di riserva la BC non può influenzare l’offerta di moneta, ma solo il tasso di interesse interbancario (ossia il costo del denaro). Le riserve necessarie vengono sempre contabilizzate in un periodo successivo (sfasamento di 2 giorni), quindi la BC sostiene le banche commerciali fornendo loro tutte la moneta necessaria. Fino a quando la BC ha il mandato di mantenere un certo Tasso Ufficiale di Sconto (ossia il tasso di interesse con cui la Banca centrale concede prestiti alle altre banche), la dimensione dei suoi acquisti e vendite di debito pubblico non è discrezionale.

QUALI SONO GLI ERRORI IN CUI INCORRE M.M.T.?

A) Avendo una politica monetaria soggiogata all’obbligo legale della riserva frazionaria, non risulta vero che lo Stato possa generare una spesa pubblica infinita, perchè per farlo avrebbe bisogno di chi compra Titoli di Stato. Secondo il modello MMT la BC sarebbe pronta ad emettere fiat money, concederla alla banche commerciali le quali acquisterebbero Titoli di Stato. Tutto ciò potrebbe non verificarsi, visto che gli investitori privati potrebbero decidere di non acquistare quei Titoli e magari dirigersi verso altri mercati che hanno una diversa regolamentazione o che risultino più convenienti (o diversificare es.: comprando oro) e, magari, con rendimenti più alti. Del resto è la stessa M.M.T. ad affermare che l’aumento di spesa pubblica che genera un surplus di riserve, che genera un abbassamento del tasso di interesse, è valido solo nel breve periodo, mentre nel lungo periodo i Titoli possono non essere desiderati ed acquistati sul mercato.

B) Il concetto di deficit di bilancio all’infinito non è ammissibile in un contesto in cui, ad esempio nella normativa europea, si prevede addirittura il “pareggio di bilancio” da inserire nelle Costituzioni dei singoli Stati.

C) Dire che serve il deficit (G > T) per aumentare il risparmio privato e favorire i consumi è sbagliato, perchè per aumentare il risparmio non è necessario generare deficit; il risparmio può aumentare magari perchè la gente riduce i consumi e risparmia di più (a causa di tassi di interesse e alla loro aspettativa di oneri fiscali più elevati in futuro), ma può anche accadere che vadano giù gli investimenti del settore privato.

CONCLUSIONI

La M.M.T. è una teoria post-keynesiana e senza dubbio migliore di tante altre soluzioni economiche liberiste che non hanno nè capo nè coda e porterebbe senza dubbio anche ad alcuni vantaggi nel breve periodo, ma ritengo sbagliato lasciare la spesa pubblica, essenziale per lo sviluppo della collettività, ancorata alle riserve obbligatorie. Lasciare, quindi, la politica monetaria vincolante, nel suo funzionamento, all’operato di banche centrali private e di banche commerciali private non porterebbe ad alcun grande beneficio. Solo trasferendo la sovranità monetaria interamente nelle mani dello Stato si potrà garantire a questo ultimo di finanziare la spesa pubblica senza vincoli da parte di organismi privati…”

  1. La proposta del Reddito di Cittadinanza o quella del Reddito di Comunità al di fuori di una effettiva Sovranità Monetaria. Se non si verificano i primi quattro punti delle nostre Proposte (vedi sopra) in merito all’attuazione di una reale Sovranità Monetaria, è impossibile e scorretto proporre un Reddito di Cittadinanza o un Reddito di Comunità. Questo Strumento è possibile solo in presenza di una vera Proprietà Popolare della Moneta.

  1. Il Ritorno alla Lira è ingenuamente (e stupidamente) visto come un Eldorado dell’emissione monetaria, quando invece si era già da secoli in regime di Signoraggio bancario, con la Banca d’Italia nel ruolo che oggi è ricoperto dalla BCE. E’ vero; non c’era il Trattato di Maastricht, non c’era il MES, non c’era il Fiscal Compact, non c’era il Patto di stabilità e – quanto meno – il Ministero del Tesoro poteva “concordare” con la Banca Centrale il Tasso di Sconto. Ma quella Lira era già fonte di Debito Pubblico risultante dalla Truffa monetaria orchestrata dalla Banca d’Italia. Non esiste nessun Eldorado, malgrado le nostalgie di alcuni, negli oltre centocinquant’anni di Storia italiana. L’Euro ha decisamente peggiorato la situazione, e le nostalgie si alimentano su questo dato – questo è sicuro – ma non è guardando indietro che si trova una soluzione già sperimentata. La soluzione sta davanti a noi, ed è quella di uno Stato o Federazione di Stati che battono moneta, si chiami poi essa lira, euro o sarchiapone è del tutto irrilevante.

 

  1. La separazione tra Banche d’Investimento e Banche di Deposito o Risparmio è un’altra proposta minimale, fuorviante e insufficiente a risolvere il problema del Debito Privato e del Signoraggio Secondario. La soluzione al Problema non sta nel diversificare gli Istituti di Credito privati quali sono le attuali Banche Commerciali in banche d’affari e in quelle di deposito, sullo schema del Glass-Steagall Act, riproposto dai NoBigBanks. La soluzione sta invece nel nazionalizzarle a costo zero e toglierle dalle grinfie usuraie di banchieri privati, rivedendo e correggendo alla radice il Problema del Credito in Senso comunitario e cooperativo.

 

  1. La ristrutturazione del Debito Pubblico, ovvero come volere derubricare uno stupro al rango di coito piacevolmente coatto, come se questo cancro sociale fosse riformabile, umanizzabile, gestibile politicamente o riconducibile nell’alveo di una dimensione comunitaria civile. Il Debito Pubblico, invece, non va né ristrutturato né ridefinito alla luce di qualsivoglia normalità. Esso va semplicemente cancellato e impedito ad ogni futura possibilità. E l’unico modo per impedire la rinascita di un Debito Pubblico è far sì che lo Stato batta Moneta e interrompa la pratica assurda dell’emissione dei Titoli di Stato.

In conclusione riteniamo che né la Moneta complementare, né il fraintendimento sull’esperienza del Simec, né la Banca di Garanzia, né la finanza etica, né il microcredito, né la nazionalizzazione delle banche centrali, né il fraintendimento sul Tasso Negativo, né l’introduzione della M.M.T., né la proposta di un Reddito di Cittadinanza al di fuori dell’unica e vera Sovranità Monetaria pensabile e realizzabile, né il “Ritorno alla Lira”, né la separazione tra Banche di Deposito e Banche d’Affari, né qualsivoglia ristrutturazioni del Debito Pubblico, siano valide proposte in vista del superamento dell’attuale regime monetarista. Anzi, malgrado le buone intenzioni e la buona dose di provocazione di un dibattito intorno all’attuale Sistema economico, monetario e finanziario, esse paradossalmente ne rafforzano le logiche e i meccanismi in sede teorica criticati.


FINANZA

di Simone Boscali

La finanza rappresenta il necessario puntello per l’economia di Sistema al fine di reggersi in piedi.

Necessario, beninteso, dal punto di vista delle oligarchie al potere, non certo per chi volesse al contrario rivoluzionare il sistema capitalista e combattere il Nuovo Ordine Mondiale.

Se, come abbiamo detto, l’economia ufficiale è diventata una disciplina fine a se stessa del tutto incapace di mettersi al servizio delle reali necessità produttive dell’uomo e delle nazioni, questo è avvenuto anche grazie al graduale passaggio di testimone, per quanto concerne l’importanza, dal capitalismo produttivo a quello finanziario.

Una distinzione quest’ultima che non sottintende alcun giudizio di valore – in quanto qualsiasi sfaccettatura del capitalismo è e non può che essere negativa – ma che vuole invece evidenziare l’evoluzione tecnica del potere del capitale.

Concediamo per assurdo che le antiche borse valori avessero in realtà una finalità diversa (se non altro nelle intenzioni dichiarate). Raccogliendo denaro da investitori privati che sottoscrivevano le azioni di una determinata azienda, lo scopo era quello di procacciare fondi per quest’ultima senza il ricorso ai finanziamenti bancari per poi ridistribuire gli utili tra gli azionisti.

Col passare dei decenni la finanza ha invece fornito all’economia gli strumenti necessari a traslare dal mondo produttivo a quello “virtuale” le ricchezze accantonate e ivi ingenuamente reinvestite nel tentativo di conseguire, secondo la logica capitalista del tanto e facile, i massimi guadagni in breve tempo e senza alcuno sforzo produttivo concreto.

Il denaro doveva generare altro denaro e doveva farlo in tempi brevi.

Questo avviene nel mondo della finanza spostando rapidamente i capitali da un capo all’altro del globo grazie alla tecnologia informatica ma anche e soprattutto moltiplicando i denari in modo artificioso mediante meccanismi difficili da spiegare come la leva finanziaria.

Non è un caso in questo senso che, specialmente negli Stati Uniti, negli ultimi anni sia aumentato il numero di matematici e ingegneri assunti a lavorare nel campo della finanza al fine di sfruttarne le capacità “razionali” e “scientifiche” per sfornare sempre nuovi artifici monetari.

I soldi reali (“reali”, si intende, al netto della truffa originaria del signoraggio…) hanno finito per non avere più un corrispettivo nell’economia concreta in termini di beni e servizi e il loro valore presunto ha finito per basarsi esclusivamente sul loro continuo reinvestimento su altri soldi in una spirale senza fine.

L’insostenibilità di questo o quel gioco finanziario, come gli strumenti derivati o i mutui subprime, ne porta infine all’esplosione della cosidetta “bolla” e al drammatico coinvolgimento di chi vi aveva scommesso facendo sparire nel nulla e in modo del tutto irrazionale e non scientifico i soldi investiti.

Se nel campo dell’economia o delle politiche di creazione monetaria è possibile concepire una rivoluzione per generare una nuova economia o una nuova politica monetaria, nel caso della finanza non si può di contro concepire una nuova finanza.

Il processo rivoluzionario in questo settore implica necessariamente la cancellazione, l’eliminazione totale di questa branca del capitalismo e di tutti i suoi artifici, a suo tempo concepiti all’unico scopo di creare una truffa strategica legalizzata.


ARTICOLI SECONDARI

Di seguito alcuni articoli inerenti a moneta e finanza:

 

 

Scienza, tecnologia, medicina e salute

SCIENZA,TECNOLOGIA, MEDICINA E SALUTE

di Simone Boscali e Paolo Bogni

La caduta nel nichilismo ha portato l’essere umano a venerare un Nulla che impone la ricerca di compensazioni che colmino il vuoto interiore dell’Individuo. E’ in questo contesto che l’uomo ha piegato la scienza e la tecnologia per perseguire una distorta volontà di potenza intesa come sfruttamento dei potenziali scientifici per sottomettere gli altri – ridotti ad alieni, esseri del tutto estranei verso i quali non si nutre più alcun legame – anche sotto questo profilo.

Le ricerche scientifiche attuali e i ritrovati che ne conseguono raramente hanno come finalità l’aiuto concreto per l’uomo. Al contrario, sfruttando le logiche di profitto capitaliste – creazione di un prodotto appetibile per il consumatore – si sfornano continuamente strumenti che come obiettivo strategico finale hanno la riduzione dell’individuo stesso a macchina: il cosiddetto fenomeno del transumanesimo che trova la sua applicazione nell’interazione esasperata con apparati tecnologici che presto convergeranno verso il famigerato microchip sottocutaneo.

Nel tragitto che porta l’ultimo uomo (l’Individuo) al Transumano (Individuo integralmente ridotto a macchina), un ruolo decisivo lo svolge la Tecnologia. Per Tecnologia noi intendiamo un apparato sistematico che sistematizza rapporti e legami tra il Genere umano e la Natura, sia essa interiore (natura umana), sia essa esteriore (natura ambientale), con lo scopo di definire l’ottimizzazione delle risorse disponibili (all’uomo) in funzione del proprio benessere. Apparentemente intesa come Strumento al servizio dell’Uomo, la Tecnologia – in particolare con l’avvento dell’Elettronica e dell’Informatica, sino ad arrivare alle odierne Bio e Nanotecnologie, per non tacere della Geoingegneria – ha invece, nella Modernità, tolto la propria maschera e svelato il suo vero volto, quello cioè di un braccio armato nichilista al servizio non dell’Uomo (e della sua ingenuità, alimentata dalla Maschera di una Tecnologia strumentale mai essenzialmente esistita) ma di quel particolare e antiumano sistema economico e sociale denominato Capitalismo.

In che senso la Tecnologia è antiumana:

  • La Tecnologia allontana l’Uomo dalla Natura (dando la diabolica illusione di avvicinarla) interagendo con essa attraverso Protesi e Surrogati che lo illudono di dominarla. In realtà, l’Uomo si allontana dalla propria matrice spirituale, dalla propria essenza, imprigionandosi in una Rete di Protesi e Surrogati che addolciscono la Natura altrimenti vissuta come angosciosamente immensa, oscura e pericolosa.

  • – La Tecnologia sostanzialmente restringe il campo dell’azione umana alla dimensione materiale, dimensione nella quale ottimizza i propri scopi il Sistema economico e sociale denominato Capitalismo. La Tecnologia, in questo senso, predispone l’umano allontanato dalla propria essenza spirituale a divenire merce tra le merci, servizio tra servizi e oggetto tra oggetti. E’ la reificazione totale di un’esistenza fondata sul nulla e protesa al nulla: il Nichilismo assoluto.

  • – La Natura immensa, oscura e pericolosa è l’Eternità nella quale l’Essenza umana dovrebbe ricercare l’Essere, il suo Senso; è l’Eternità entro la quale la matrice spirituale dell’Uomo vuole tornare ad Essere. La Tecnologia costituisce invece l’impedimento ontologico a questa risalita, a questo “ritorno” a casa. L’Angoscia, immediata e genuina, è invece da trasformare come Gioia di un Viaggio che dà Senso alla propria esistenza personale, comunitaria e politica. In questo Viaggio ci deve essere una radicale ridefinizione di ciò che oggi è la Tecnologia.

  • – La distruttività scaturita dalla Tecnologia nel rapporto tra Uomo e Natura condiziona sensibilmente il Linguaggio con cui l’umano evoca simboli e determina significati. La sempre più invasiva presenza della Tecnologia nella vita dell’Uomo è dunque sinonimo di manipolazione e controllo del Linguaggio attraverso il quale si originano particolari evocazioni e determinati significati. L’alterazione di una parola non segue, con l’invasione della Tecnologia, la normale e fisiologica evoluzione semantica, insita in un Linguaggio naturale che si modifica tra incontri di culture o successioni epocali. La Tecnologia, invece, deforma e ridefinisce artificialmente parole, concetti e segni con un indirizzo volutamente nichilista. Prendiamo un esempio: il termine Amicizia non ha più i caratteri nobili e sinceri di Cicerone ma ha le insegne dell’anonimia e della falsità di Facebook.

  • – La Tecnologia, mentre allontana l’Uomo dalla propria matrice spirituale e -quindi – dalla propria missione ontologica, rende l’Uomo privo di Coscienza di sé e del Mondo, se non in forma alienata o illusoria.

  • – La Tecnologia imprigiona l’Uomo nella dimensione materiale per renderlo simile al “Bene” prodotto dal Sistema economico e sociale denominato Capitalismo, sia esso una Merce o un Servizio.

  • – La Tecnologia perfeziona e aumenta la produttività capitalista e l’induttività al consumo di Merci o Servizi. L’indifferenza tra Uomo e Bene prodotto rende il Consumatore fondamentalmente come divoratore di se stesso.

  • – La Tecnologia è la Stazione finale in cui l’ultimo uomo che vive il Capitalismo si trasforma in transumano. Il Transumanesimo è dunque la consacrazione dell’Indifferenza dei generi e rappresenta lo svuotamento orwelliano di ogni genuina Soggettività, sia essa personale, comunitaria e politica.

  • – La Tecnologia è il Dispositivo con il quale (inconsciamente??) il genere umano ha programmato un Suicidio di Specie. Un Suicidio a lento rilascio.

La Tecnologia è la sistematizzazione di tutte le discipline scientifiche orientate agli scopi e alle logiche del Sistema economico e sociale denominato Capitalismo. La medicina non si sottrae a queste logiche ed anzi, trattandosi di una disciplina che inerisce direttamente la nostra salute, è quella che più di tutte forse risulta esemplare nel descrivere la decadenza e la strumentalizzazione della scienza a logiche di dominio mondiale. Agendo anche in questo caso secondo la regola del profitto, case farmaceutiche senza scrupoli mettono sul mercato farmaci e vaccinazioni senza alcuna efficacia reale, pubblicizzati con ricerche inattendibili da loro stesse condotte, plasmando la nuova figura contraddittoria – tutta occidentale – del malato cronico con lunga aspettativa di “vita”.

La Salute è messa a repentaglio anche dall’Alimentazione controllata e gestita dal Sistema delle Multinazionali Agroalimentari e dalle sue regole scritte nel Codex Alimentarius. L’Alimentazione è un’arma di indebolimento della Salute umana atta a ridurre il corpo e la psiche umana in strutturale balìa della Case Farmaceutiche di cui parlavamo sopra. L’Ingegneria genetica, le Biotecnologie (in particolare gli OGM) e le Nanotecnologie sono gli strumenti di perfezionamento della strategia del perseguimento del comune interesse di profitto capitalista che muove l’azione di Multinazionali Agroalimentari e Farmaceutiche.

Obiettivo, non solo il profitto (immediato, nella vendita del prodotto, e di lungo periodo, indebolendo il consumatore che sarà quindi dipendente dalle medicine per il resto della propria vita) ma anche la decadenza morale del soggetto la cui coscienza sarà ottenebrata dai letali effetti collaterali dei farmaci – ben noti all’élite globale – sulla mente umana e la qualità del pensiero.

ARTICOLI SECONDARI

Di seguito gli articoli inerenti l’area tematica Scienza, Tecnologia, Medicina e Salute:

Economia

ECONOMIA

di Simone Boscali

Intendendo con il termine “economia” quella disciplina che regola l’insieme del rapporti produttivi e commerciali – studiandone le dinamiche e proponendo percorsi di prosperità – possiamo dire con estrema certezza che l’economia non è una scienza. Essa non è infatti altro che il frutto di convenzioni umane in cui concetti creati a tavolino da economisti divengono apparentemente concreti solo perché si decide di dar loro applicazione. Fattori come “interesse” e “debito”, sui quali sono poi ricamati ulteriori concetti più specialistici come “spread”, “subprime” e “derivati”, non hanno alcun riscontro nella realtà, diversamente da quanto avverrebbe per l’oggetto di una scienza vera e propria, ma esistono solo nel momento in cui se ne accetta l’applicazione. L’esempio più drammatico di questo scollamento fra economia e realtà è il mito della “crescita esponenziale”, una crescita infinita della produzione economica effettivamente proposto e ritenuto fattibile dalla quasi totalità degli economisti di Sistema ma del tutto impossibile in Natura, laddove le risorse finite escludono scientificamente una crescita infinita. Per questo motivo riteniamo che l’economia sia un prodotto umano e in quanto tale assolutamente rivoluzionabile con un semplice atto di volontà.

Questa volontà si condensa nel ripristino irreversibile del primato della Politica sull’economia. Ed ecco perché, innanzitutto, riteniamo diritto di ognuno discorrere di economia con totale legittimità e assolutamente alla pari – per non dire con superiorità – rispetto ad un economista “professionista”. Oggi l’economia di Sistema, che si presenta come scienza oggettiva, archiviata la fase del mero sfruttamento capitalista in chiave esclusivamente produttiva, ha elaborato meccanismi strutturalmente pensati per allontanarsi sempre più dal lavoro reale al fine di gettare ogni risorsa nel calderone dell’ingegneria finanziaria fine a se stessa. Questo gioco non è altro che l’ordito del Nuovo Ordine Mondiale per sottrarre ricchezze agli Stati ed ai Popoli mantenendo altresì viva, come eterna chimera capace di trainare il mondo fuori da una crisi che è invece artefatta, la bufala della “crescita” e dello “sviluppo” come rimedi a ogni male. A fronte di queste trame noi proponiamo un’economia che faccia tabula rasa dei precetti di questo Sistema per elaborarne una del tutto alternativa e originale.

Per uscire da una crisi volutamente indotta dalle oligarchie e smantellare alla radice le loro armi economiche (il capitalismo) occorre pensare a un modello di produzione più sobrio, a misura delle reali necessità umane e in particolar modo della comunità in cui questo nuovo modello va a mettere radici. Parliamo quindi dell’economia cosiddetta di Decrescita e di una parziale, graduale e sensata deindustrializzazione a favore di un recupero della terra come fonte di lavoro e nutrimento per tutti e di piccole industrie che, lungi dal mirare a inserirsi in un commercio mondiale deleterio, calibrino la propria produzione su necessità quanto più possibile locali (economia autocentrata). E ancora riteniamo superato e fonte di sfruttamento e degenerazione politica l’attuale sistema della proprietà privata dei mezzi economici che a nostro avviso dovranno invece essere condivisi fra chi vi lavora intendendo questo nuovo tipo di lavoratore non più come una mera unità produttiva, come lo vorrebbe l’attuale sistema capitalista, ma come espressione sociale della comunità in cui vive e per la quale va a soddisfare direttamente una particolare esigenza produttiva reale. Presupposto necessario a questa rivoluzione economica è la riappropriazione al popolo dell’emissione di moneta sovrana e libera da debiti pubblici, argomento cui è dedicata un’altra sezione.

A chi ci rivolgiamo a cura di Paolo Bogni

Tra le dieci Voci che compongono l’Area Tematiche del Sito di Caposaldo Associazioni Unite, abbiamo deciso di scegliere la Voce ECONOMIA come quella in cui specificare i Gruppi umani e sociali a cui rivolgerci per proporre la nostra visione del Mondo, la nostra analisi della Realtà e il Senso del nostro Percorso politico attraverso le nostre Proposte. Non siamo per nulla economicisti ma ci rendiamo conto che il mondo in cui agiamo è ancora formato e informato dalle logiche dell’economia oggi imperante, vale a dire il Sistema economico e sociale denominato capitalismo. Sono queste logiche che determinano la separazione, la selezione, la formazione e la definizione dei diversi Gruppi umani e sociali che costituiscono il panorama dell’occidente odierno e, in particolare, dell’Italia in cui noi viviamo. E’ interessante notare che il Sistema capitalista non solo divide rigidamente in diversi Gruppi umani la società, ma li struttura nel contempo allontanandoli dalla Comunità attraverso pedagogie individualistiche e mettendo in perenne conflitto i Gruppi umani tra loro, anche quei sei Gruppi umani (facenti parte del popolo dominato) a cui dedicheremo di seguito uno spazio ciascuno. La nostra prospettiva è quella di giungere alla rifondazione di Vere Comunità, politicamente sovrane, federate nazionalmente e interagenti a livello continentale prima e mondiale poi, rispettose al massimo grado sia della Natura Umana (razionalità dialogica e socialità) che della Natura ambientale. Il ripristino del Bisogno sobrio ed essenziale sarà il fondamento di una nuova Economia autocentrata e comunitaria, articolantesi attraverso l’organizzazione e la collaborazione di Cooperative sociali d’impresa in cui agirà, pur nelle diversità e nelle distinzioni dei ruoli, il Lavoratore Collettivo Cooperativo Associato. La Cooperazione sociale produrrà non beni mercantili ma beni comunitari e valorizzerà (nella diversità di ognuno) i talenti e le vocazioni di chi lavorerà e studierà. La Condivisione sociale dei Mezzi di produzione e la Sovranità Monetaria saranno la Base strutturale della nuova economia e della rinata Comunità. Saranno dunque abolite – perché questa è la nostra decisa volontà politica – la proprietà privata dei mezzi di produzione e la proprietà privata dell’emissione monetaria. La nostra Proposta in linea di principio è rivolta all’umanità intera – come non pensare ai molti popoli e alle molte classi sociali che, nel pianeta, sono al limite della morte per fame – e all’intero pianeta. La disalienazione da capitalismo, infatti, o è globale o è nulla. Il punto di ripartenza dell’azione politica, però, deve essere locale, e solo ad un secondo livello l’interazione tra molte realtà locali anticapitaliste darà luogo alla definitiva risposta globale al Problema. La circoscrizione del Problema ci porta dunque ad individuare una serie di Gruppi umani e sociali che possono (devono) accogliere la nostra proposta di lotta politica che, in ultima analisi, è una lotta per la vera libertà delle persone e dei popoli del nostro pianeta. A scanso di equivoci noi non riteniamo che l’interclassismo generico sia una via percorribile per la rivoluzione. Ci rivolgiamo ai diversi Gruppi umani e sociali (tra loro anche in conflitto) confidando che, a partire dalle proprie sofferenze e dai propri disagi specifici, sappiano risalire a un sentire comune nell’interpretare l’epoca che dà luogo al Non senso e ricercare – lo sforzo consiste in questo – una comune via d’uscita al Nulla che ci annienta. E’ pur vero che la teoria politica deve incontrare nella Storia una domanda sociale che ricerchi visibilità al malessere, alla rabbia, alla rassegnazione, a volte l’indignazione provocati da una quotidianità che quella teoria politica deve sapere analizzare e contrastare nelle proposte per la fuoriuscita da essa. L’Alienazione globale che il capitalismo ha procurato rispetto all’umanità complessivamente intesa incide, e incide molto – sulla presa di coscienza di ogni singolo Gruppo umano e sociale rispetto alla propria funzione all’interno del Sistema stesso. Così come la forza del demonio consiste nel far credere che esso non esiste, la forza del capitalismo è di far credere – attraverso l’opera infame delle proprie sovrastrutture – che esso non rappresenti la totalità, non esista, al punto di rendere quasi impossibile il solo nominarlo (i mercati, il liberismo, l’economia, gli scambi, le merci, la valuta, il debito, il credito,.. ma la parola capitalismo compare quasi mai..). L’intercettazione delle due traiettorie, la teoria politica rivoluzionaria e la domanda sociale di fuoriuscita dalla quotidianità nichilista (occidente capitalista), rappresenta la nostra sfida che vogliamo assolutamente vincere. I Gruppi umani e sociali a cui noi ci rivolgiamo sono i seguenti:

  1. Studenti

Il primo drammatico problema che gli Studenti vivono riguarda il contesto stesso nel quale compiono la loro attività, vale a dire la scuola occidentale e i suoi programmi didattici tesi allo sviluppo di un’intelligenza tecnica, settoriale e sganciata dalla Totalità. Il sapere di Sistema è funzionale esclusivamente a delineare un’abilità specifica, idea in sé non sbagliata ma insufficiente per la crescita interiore e integrale se non completata da una formazione globale della persona. Il punto critico è che la didattica fondamentalmente è indirizzata ad un isolamento del soggetto umano dalla complessità del Reale. La Totalità, in poche parole, non è oggetto di studio e non è indicata come il culmine di ogni apprendimento. In tal modo, l’individuo diplomato e laureato è predisposto a vivere se stesso come un atomo autosufficiente indipendente dalla Totalità per eccellenza, cioè la Totalità sociale. Lo Studente è addestrato sin dall’infanzia a divenire un Individuo tecnicamente in grado di assolvere a compiti che lo rendano il più possibile un docile ingranaggio all’interno di una macromacchina tecnoscientifica che funziona al solo scopo di replicare all’infinito rapporti sociali di produzione capitalistica. All’interno di questo scenario, l’unico “spirito critico” possibile di cui si può dotare lo Studente è quello di contestare questo o quell’altro aspetto della società ma mai la società in quanto tale, incanalando queste obiezioni rivolte a parzialità entro canoni riformistici in cui vive e vegeta la rappresentazione della “vita” liberaldemocratica occidentale. I percorsi di studio sono dunque rivolti alla formazione dell’uomo-macchina e non già (malgrado tutte le dissimulazioni) alla persona nella sua integralità.

Perciò, una delle riforme radicali che proponiamo sin da ora agli Studenti è quella di ricreare una Scuola che non sia Istruzione, ma che sia Educazione. Oltre al danno creato nell’intendere lo Studente come prototipo dell’Individuo, il Sistema occidente riesce nell’impresa di non collegare l’intero parco macchine create scolasticamente all’interno dell’alienante sistema di produzione. Soltanto una bassa percentuale di diplomati e di laureati riesce a trovare un’occupazione da subito e, se la trova, in ruoli sottodimensionati e con contratti semialeatori. Per la gran parte di neolaureati e diplomati la disoccupazione è già realtà viva. De facto, a meno che si vogliano raccontare favole, in questo stato di cose – occidente capitalista, in particolare l’Italia – allo Studente è soprattutto pregiudicata una dimensione vitale per l’espressione del proprio Essere, per la ricerca di Senso di esso: il Futuro. Lo Studente da subito deve cogliersi come lavoratore rinchiuso in un presente astorico, esistenzialmente immerso nella precarietà, nella flessibilità e, soprattutto, nella strutturale e sistematica insicurezza. Lo specchietto delle allodole rappresentato dal “successo” (buona retribuzione, ruolo di prestigio,..) che pochi neodiplomati e neolaureati hanno – in bassissima percentuale – nel mondo del lavoro (in particolare quelli che lo raggiungono all’estero), viene usato dal Sistema capitalista per tre motivi propagandistici così riassumibili: a) La Scuola occidentale promuove uomini e donne di successo. b) La condizione di Nomadismo Globale (corollario dell’antropologicamente corretto in salsa capitalista “cittadino dell’universo”) è il presupposto principale per raggiungere questo successo. c) Il Successo è da raggiungere attraverso la competizione; il demansionamento e la disoccupazione sono riservati ai perdenti o a coloro i quali non comprendono le regole del gioco. Si noti come i tre punti propagandistici contengano drammaticamente elementi che riconducono ad aspetti anticomunitari, antisociali e filo – molto filo – individualistici.

  1. Liberi Professionisti

Questi particolari Lavoratori (ingegneri, geometri, avvocati, architetti, consulenti, agronomi, periti, commercialisti, traduttori,..) sino alla penultima stagione del capitalismo erano parte fondamentale ed imprescindibile del sistema produttivo capitalistico. L’ottimo reddito conseguito e il prestigio sociale riconosciuto facevano del Libero Professionista – quantunque esso non fosse un capitalista, ma un dipendente indiretto del capitale – una figura invidiata nel panorama sociale. Per ultima stagione del capitalismo globale intendiamo quella fase in cui il capitalismo è diventato per lo più a) capitalismo finanziario e b) accumulazione del capitale all’interno anche di processi produttivi sempre più informatizzati che richiedono sempre meno qualità e quantità espressa da elementi umani al loro (dei processi produttivi) interno. Quest’ultima fase del capitalismo globale ha inizio grosso modo negli anni ’80 del secolo scorso ed è tutt’ora in atto. Sono due fondamentalmente le criticità a cui devono rispondere i Liberi Professionisti rispetto a questa trasformazione epocale. La prima riguarda la minore domanda delle loro prestazioni generali che è causa (indagine elaborata da KRLS Network of Business Ethics, Giugno 2013) – nel primo semestre del 2012 – del calo del fatturato del 43% e della chiusura del 22% degli Studi professionali. La seconda riguarda un livello più sottile d’analisi, non economica ma – a nostro avviso – non meno importante. Nelle precedenti stagioni, il Libero Professionista era fondamentale nel Sistema capitalista sia perché la sua intellettualità era decisiva per affinare i processi produttivi e per garantirne la normatività giuridica, sia perché vi era un maggiore spazio per la creatività soggettiva (alcune Professioni più di altre). Come detto, l’informatizzazione dei processi produttivi (e la loro standardizzazione) ha ridotto gli spazi sia per il numero di Professionisti esatti, sia per il loro contributo di intellettualità e – soprattutto – di creatività. C’è quindi una negativa percezione di sé e della propria professione in termini di demansionamento e di minor riconoscimento dell’aspetto qualitativo, sia esso intellettuale, sia esso – soprattutto – creativo. Se sommiamo a queste ultime precarietà il dato del calo di fatturato e quindi del minor reddito percepito, si evince come anche il Libero professionista stia attraversando un periodo di disagio e di sofferenza da sistema capitalista.

  1. Lavoratori dipendenti

L’informatizzazione in particolare e la massiccia introduzione in generale dei mezzi tecnologici nei processi produttivi; l’incontrollata e massiccia immigrazione di stranieri poveri che vengono illusi con miraggi hollywoodiani non sapendo che qui il Tasso di Disoccupazione è in continua crescita; le frequenti delocalizzazioni (consentite dal Trattato WTO) delle unità produttive in zone del mondo ove è basso il costo del lavoro, quasi nulla la presenza dei sindacati, labile la legislazione sulla sicurezza sul posto di lavoro e insufficienti e risibili le politiche di salvaguardia dell’ambiente, sono le principali cause della perdita di milioni di posti di lavoro dipendente in Europa e soprattutto in Italia. Non solo. In Italia è stato modificato al ribasso e in peggio (per il Lavoratore dipendente) l’Articolo 18 della Legge 300 Maggio 1970 (Statuto dei Lavoratori) che toglie di fatto la giusta causa come precondizione per un licenziamento in tronco. Negli ultimi vent’anni, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, sono state introdotte massicciamente forme contrattuali tese alla disintegrazione del cosiddetto posto fisso di lavoro (contratto a tempo indeterminato) per dar vita ad un regime che prevede – l’ossimoro che seguirà è voluto – la costante provvisorietà del posto di lavoro, una prigione nell’eterno presente con un futuro senza alcuna progettualità. Le caratteristiche oggi fondanti il Lavoro dipendente sono la precarietà, la flessibilità e la fisiologica insicurezza. L’instabilità è dovuta alla minaccia perenne della perdita del posto di lavoro. Secondo i dati Istat Ottobre 2013, dall’1 Gennaio 2012 sino all’1 Luglio 2013 (un anno e mezzo di tempo..), in Italia il 70% dei nuovi assunti hanno stipulato un contratto a termine. Nei cinque anni compresi tra il 2008 e il 2012 sono stati persi 1 milione di posti di lavoro.Negli ultimi decenni, inoltre, vi è una progressiva perdita del potere d’acquisto dei salari e degli stipendi. Una ricerca Istat dell’Aprile 2013 ci dice che in un anno, il 2012, i salari e gli stipendi hanno perso un potere d’acquisto pari al 4,8% e gli aumenti della retribuzione sono restati lo 0,5% sotto l’Inflazione. Nel 2012, dato Inail, in Italia sono morti ottocento Lavoratori e si sono verificati circa 750.000 incidenti. Il Lavoratore dipendente deve però risolvere la sua secolare contraddizione, vecchia quanto il capitalismo stesso. Pur essendo egli per eccellenza – da tre secoli in qua – l’oggetto dello sfruttamento – è buona cosa ricordarlo -, egli non si è mai formato o strutturato come portatore – anche con altri Soggetti con diverso rapporto con il capitale – di un progetto politico di radicale revisione di quel sistema capitalista che da Soggetto umano lo ha derubricato a oggetto mercificato. E’ da stabilire fin dove sono giunti gli apparati repressivi del regime capitalista e dove, invece, inizi la complicità del dipendente sfruttato e alienato con il regime stesso causa di sfruttamento e alienazione. Su questo interrogativo si gioca lo stato di coscienza di questo Gruppo umano e sociale intorno alla propria funzione entro il Sistema. Pur essendo fallito, però, il monoclassismo sociologico proletario (sia nella teoria che nella prassi) una fuoriuscita dal capitalismo senza il principale sfruttato dello stesso (sistema capitalista) è impresa impossibile.

  1. Piccoli imprenditori

Seguendo la nostra personalissima tassonomia, a questo Gruppo umano e sociale appartengono i piccoli e medi imprenditori in senso stretto, i negozianti, i commercianti e gli artigiani. Analizzati tecnicamente rispetto alla proprietà dei mezzi di produzione, molte di queste categorie (ci riferiamo soprattutto al piccolo e medio imprenditore) sono da intendersi come annoverabili nei ranghi del Capitalista. Ed è vero. Molti dei loro interessi, inutile negarlo o dissimularlo, sono in conflitto sistematico con quelli dei dipendenti (diretti o indiretti) da capitale, vale a dire i Lavoratori dipendenti e i Liberi professionisti. Perché, allora, inserire anche loro nei Gruppi umani e sociali a cui ci rivolgiamo nel proporre il nostro Percorso politico di fuoriuscita dal Sistema capitalista da un lato e l’ingresso in una dimensione comunitaria ove anch’essi potrebbero fornire il loro contributo in una nuova Economia Comunitaria, solidale, autocentrata e, finalmente, a Misura d’uomo, dall’altro lato? Perché anch’essi, pur ufficialmente iscritti tra gli Sfruttatori (e l’iscrizione è tecnicamente obbligata, ci mancherebbe altro..), stanno o soffrendo o, addirittura, morendo di capitalismo. Capitalismo in questo caso è una figura letteraria e retorica riconoscibile nel Conte Ugolino il quale, per la propria sopravvivenza sistematica, deve, in quest’ultima fase epocale, mangiare molti suoi figli (il Piccolo e il Medio imprenditore) oltre che, come già fa da secoli, sfruttare e alienare i classici servi (dipendenti da capitale diretti e indiretti). Fuor di metafora, banchieri e grandi capitalisti – Alta finanza e Multinazionali – hanno programmato a tavolino la decimazione e la quasi scomparsa della piccola e media impresa. Nella vulgata generale, questo fenomeno è già conosciuto con il nome di “proletarizzazione dei ceti medi”. Se l’intelligenza ha un senso e la realtà non è un film di fantascienza, questo programma di annientamento da un lato è stato brillantemente previsto e anticipato con largo anticipo da Karl Marx, quando sosteneva che l’accumulazione del capitale si sarebbe progressivamente raccolto in sempre minori mani. Dall’altro lato, questo programma di annientamento dei piccoli e medi imprenditori era inscritto – tra le righe – negli elaborati della Conferenza di Bretton Woods (1944), alla voce Accordi GATT, poi recepiti integralmente dal Trattato WTO (Casablanca, 1994), l’Organizzazione Mondiale del Commercio. Se non bastasse questo, pure l’ingresso della Cina nello stesso WTO (Novembre 2001) era da intendersi come un drammatico e ulteriore campanello d’allarme per le piccole e medie imprese occidentali e italiane in particolare. Nel sistema capitalista globale, inutile nascondersi dietro al dito della superficialità d’analisi, vi è uno sfruttamento verticale – capitale contro dipendenti diretti e indiretti- e uno sfruttamento orizzontale (cannibalismo intracapitalistico) tra grande capitale e alta finanza da una parte e piccoli e medi imprenditori dall’altra. L’accumulazione di capitale non guarda in faccia a nessuno. Il Capitalismo come Sistema anonimo e impersonale è uno. I singoli capitalisti, invece, sono molteplici e in strutturale competizione tra loro. La Multinazionale, le grandi Catene commerciali e i loro protettori dell’Alta finanza hanno interessi sovrastanti e contrastanti quelli del piccolo negoziante o del medio imprenditore. La questione che ora si pone è identica a quella prima posta per il Lavoratore dipendente: qual è il grado di coscienza del Piccolo imprenditore rispetto alla sua funzione nel Sistema capitalista? La risposta è simile al Gruppo umano e sociale a cui appartiene il Lavoratore dipendente. Il piccolo imprenditore – a parte pochissime eccezioni – pur detestando il banchiere non realizza che questi è un parassita ma lo considera “un male necessario”. Non si percepisce come uno sfruttato (orizzontale) e ha una grande ammirazione per le Grandi Società Multinazionali quotate in Borsa. Vive il fallimento con un senso di vergogna senza quasi mai comprendere le strutturali perversioni del Sistema in cui agisce. Rifiuta perentoriamente ogni discorso critico intorno al capitalismo (che è la malattia di cui sta morendo) perché è roba da “comunisti”. Se rintraccia dei responsabili a livello di sistema li individua con l’Agente di Equitalia, il militare della Guardia di Finanza, con il Governo che fa pagare troppe tasse, con i parlamentari che costano troppo e, dulcis in fundo, con lo Stato sociale che è troppo oneroso. Non che non vi siano delle parziali verità ma il Finanziere, l’agente di Equitalia, il ministro delle Finanze e il parlamentare sono i manovali (i picciotti, i killer..) dei grandi padroni del Sistema (grande capitale e alta finanza); sono gli esecutori materiali dei voleri di questi ultimi e, in sé, non hanno potere su nulla. Sono null’altro che dei subordinati che eseguono a comando. Se consideriamo comunque i piccoli imprenditori come elementi interessanti a cui chiedere un contributo per la fuoriuscita dal sistema capitalista è perché essi sono l’ultimo residuato di una borghesia che contraddittoriamente è portatrice di quella coscienza infelice tipica di una classe sociale che ha prodotto critiche – attraverso i suoi intellettuali più sensibili – al nichilismo e ad una società che ha rovesciato completamente – attraverso il sistema capitalista e tutte le varianti culturali dell’illuminismo – le speranze di libertà, giustizia, fratellanza e uguaglianza, avendo invece prodotto – oltre che masse sterminate di merci, morti di fame e moneta-debito – prigioni senza muri, ingiustizie, individualismo egoistico e diseguaglianze. Dopo tre secoli di progressione del Nulla, per ciò che resta (ammesso che resti qualcosa…) di quel genuino sentire borghese, questa è – per loro – l’ultima occasione di riscatto. Che i piccoli imprenditori siano condannati a morte dal Capitalismo non ci sono comunque dubbi. Due dati sono impietosi. Nei diciotto mesi che vanno da Gennaio 2012 a Luglio 2013, varie centinaia di piccoli impresari si sono tolti la vita in seguito a gravissimi problemi economici legati alla propria attività. Dati CERVED Aprile 2013 ci dicono che nei quindici mesi che vanno da Gennaio 2012 a Marzo 2013, 16000 Piccole imprese hanno chiuso i battenti e che la prospettiva per Dicembre 2013 è quella di giungere a quota 30000!

  1. Disoccupati

Pur con l’alleviazione momentanea (e non duratura) di alcuni strumenti (ammortizzatori sociali) che un sempre più risicato Stato sociale gli riconosce, il Gruppo umano e sociale dei Disoccupati (è bene chiarire subito che – pur tecnicamente disoccupati – i mantenuti e le mantenute, i lazzaroni che non vogliono né lavorare, né studiare né applicarsi a qualsivoglia impegno, i malavitosi, oltre che i cosiddetti figli di papà, non sono oggetto del nostro interesse, e sostanzialmente li consideriamo estranei al Gruppo umano e sociale dei disoccupati) è uno dei Gruppi (l’altro è quello degli Emarginati gravi, di cui ci occuperemo successivamente) da noi preso in considerazione che maggiormente è in sofferenza. Per sofferenza noi non intendiamo solo disagio da mancanza di beni materiali che soddisfino la sopravvivenza biologica o l’enorme difficoltà a conseguirli. E’ anche questo, ma non solo questo. La difficoltà psichica ad accettare l’esclusione dal mondo del lavoro crea un forte senso di inadeguatezza, un senso di inutilità e addirittura un senso di vergogna. Il Sistema capitalista e l’occidente americanocentrico suo correlato hanno destrutturato a tal punto la Persona da averla resa un individuo unitamente teso alla merce da produrre, alla merce da consumare e alla merce da monetizzare. Al di fuori di questa sfera della produzione e del consumo (sempre più a debito…) si è considerati dei signor Nessuno. L’indebolimento e lo snellimento dello Stato sociale, che abbiamo anticipato prima, rendono ancora più instabile la situazione del disoccupato e più facilmente coartabile dalla criminalità organizzata. Egli percepisce la crisi (il capitalismo è la storia di cicliche crisi) – questa crisi – come il fluire di una crisi infinita. Il disoccupato trova appiglio negli ultimi vincoli famigliari e amicali rimastigli (se ne ha..), ma vive sempre più lo stato di abbandono in una società già priva da tempo da veri legami comunitari. Sono il famoso esercito industriale di riserva, strumento di potentissimo ricatto anche per gli occupati. I dati ISTAT Ottobre 2013 sono allarmanti a dire poco. Solo in Italia, vi sono attualmente tre milioni di disoccupati (nell’Unione Europea 26,6 milioni). Il Tasso di disoccupazione generale è attestato al 12,2 %. La disoccupazione giovanile (calcolata tra i giovani non studenti compresi tra una fascia d’età situata tra i quindici e ventiquattro anni) è del 40%, pari a 667 mila disoccupati.

  1. Emarginati gravi

Sono gli ultimi della società. Sono i reietti, le ombre nella e della Città. Sono la periferia del disagio estremo e dell’estrema povertà. Sono i senza fissa dimora, i veri nullatenenti, quelli che nemmeno più passivamente reggono i ritmi e le trame ordite dalla Città. Sono gli espulsi dalla vita di società. Sono l’arredo ingombrante e il silenzioso imbarazzo della Città. La loro rassegnazione è l’Angoscia, l’ignoto futuro mascherato da presente di totale sofferenza. Sono incapaci di vivere con i propri mezzi e la loro vergogna consiste nell’essere poveri in un mondo di “ricchi”. Sono al di là anche dello stesso sfruttamento, in quanto espulsi dalle logiche e dai giochi dell’economia capitalista. Sono però i testimoni più genuini della disumanizzazione del sistema capitalista stesso. Sono gli scarti di un’umanità che inconsciamente si ribella all’accettazione del Nulla, all’inquadramento sistematico nel processo della produzione, della distribuzione e del consumo. Sono migliori di noi, pur nel rifugio patologico delle droghe e dell’alcool, perché sperimentano sulla propria pelle la fuoriuscita dalla civiltà nichilista. Sono uguali a noi, però, perché privi di coscienza di un sistema che li umilia e li segrega ai confini della Città. Nelle precedenti epoche a economia non capitalista, il povero era rispettato nella sua dignità umana. Nel sistema capitalista è invece considerato uno zero, una nullità, in quanto il dato economico li esclude dalle voci della produzione, della distribuzione e, soprattutto, del consumo. Noi ci rivolgiamo agli Emarginati gravi perché non sopportiamo l’idea che un uomo o una donna siano considerati e trattati come una nullità, al di là dei meriti o dei demeriti, delle virtù o dei vizi. Dati Istat sull’anno 2012 dicono che in Italia la povertà assoluta colpisce quasi cinque milioni di persone, con un milione e 725 mila famiglie che vive di stenti. Questi dati sono lo specchio dell’8% della popolazione.

ARTICOLI SECONDARI

Di seguito una carrellata di articoli inerenti l’area tematica Economia:

 

Ecologia

ECOLOGIA

di Paolo Bogni

Ecologia è un termine che deriva dal Greco ed è composto da due parole, Oikos e Logos (Oikos-logos, da cui eco-logia). Con Oikos si intende Casa, Madre Terra, Ambiente. Questa traduzione evoca il Sensodi accoglienza, di protezione, in modo tale che chi (l’Uomo) abita nell’Oikos esprima alla massima espressione la propria Natura umana fondata su due caratteristiche principali quali la razionalità dialogica – cioè l’apertura al confronto libero tra idee entro la contemporanea ricerca di una struttura veritativa della realtà che cementi una Comunità – e la Socialità, perché il libero confronto tra le idee implica necessariamente lo stare insieme, in una dimensione sociale e comunitaria quale anelava lo Zoon Politikon di aristotelica memoria. L’Oikos – la Casa – è dunque la Natura ambientale che accoglie la Natura umana; ne costituisce il presupposto spaziale, temporale e spirituale necessario. Non si può, dunque, parlare di Natura umana se non simultaneamente alla Natura ambientale e, viceversa, non si può discorrere di Natura ambientale se non in contemporanea alla ricerca del Senso dell’Essere della Natura umana e cioè nelle sue fondamentali implicazioni che ineriscono alla razionalità dialogica e alla socialità. Sospendiamo momentaneamente il discorso sull’Oikos – ci torneremo – e occupiamoci del Logos.

Questo secondo termine – complesso e affascinante – apre il campo a molteplici significati. Logos può voler dire argomentare, discorrere, ragionare. Logos si può tradurre anche con linguaggio, nel senso di ricerca del significato di un simbolo, di una parola o di un segno. Queste due serie di possibili traduzioni attraverso le quali si intende Logos sono sufficientemente conosciute in quanto il sistema scolastico d’occidente, le agenzie culturali in genere e le accademie universitarie permettono e concedono che il vecchio termine greco così venga tradotto e in tali modi sia inteso. Quasi nessuno invece sa – e a riguardo non ringrazieremo mai abbastanza il filosofo torinese Costanzo Preve per richiamarci costantemente sulla questione – che Logos, nel suo più genuino e profondo significato, vuol dire Calcolo, e più precisamente Calcolo sociale, e in questo particolare significato la ragione umana naturalmente vincola la propria procedura politica entro il Senso del Limite e adottando il criterio della Misura, di contro alle anticomunitarie “seduzioni” dell’illimitatezza e dell’infinito, domini che l’Economia autonomizzata dalla politica (come l’odierno capitalismo) usa per dar luogo ai propri processi di sviluppo, progresso ed espansione.

Perché il sistema capitalista e l’istruzione occidentale oblìano il più vero e genuino dei significati di Logos e perché mai creano costanti impossibilità e astuti impedimenti affinché quest’ultima traduzione di Logos non entri in virtuosa relazione con Oikos? La risposta è presto detta: se un soggetto umano dotato di razionalità dialogica e di socialità dovesse calcolare socialmente la relazione da vivere con la Casa (Oikos) che l’accoglie e in essa dovesse stabilire un’armonia comunitaria e un’ordinata corrispondenza con terra, acque, aria, vegetazione e fauna, non azzarderebbe un solo istante della propria vita (singola e comunitaria) a dar luogo ad un’economia capitalista che sistematicamente saccheggia la Natura ambientale e la trasforma in un’irrespirabile e invivibile discarica, mentre separa l’uomo dall’uomo dando vita ad una società satura – su larga scala planetaria – di ingiustizie sociali e di prepotenze. In questa sede tralasciamo di trattare del tragico problema delle Scie chimiche (ce ne occupiamo in un’altra Voce tematica), fondamentale, però, nel comprendere – tra le altre considerazioni – come la Natura ambientale sia ridotta a strumento mortale. Come ammoniva Nicholas Georgescu Roegen, un’economia umana è invece un’economia del pronto e immediato ripristino di quanto tolto qualitativamente e quantitativamente in termini di materia ed energia atte alla produzione di merci e alla erogazione di servizi, al fine di mantenere un costante equilibrio nei rapporti con l’ambiente naturale e nel rispetto dei suoi ecosistemi. Il sistema capitalista, all’esatto contrario, è quanto di più disastroso vi sia in termine di squilibrio tra risorse usufruite, alterazioni ecosistemiche e inquinamento provocato (e qui non parliamo dei disastri sociali..).

Vi sono significativi parametri che indicano uno squilibrio creato dall’economia capitalista nel rapporto tra l’Uomo e l’Ambiente. Il primo parametro è quello dell’Impronta ecologica, il quale misura la capacità del pianeta (l’insieme delle aree biologiche terrestri e marine) di rigenerare le risorse utilizzate dall’uomo e l’azione di riassorbimento dei rifiuti prodotti. Il coefficiente dell’Impronta ecologica è quello della Biodisponibilità, cioè la superficie media pro capite che permette ad ogni essere umano del pianeta di vivere. Il punto massimo oltre il quale l’equilibrio ecosistemico si spezza è stato quantificato nella biodisponibilità di 2 ettari a persona. In questo momento, invece, gli ettari destinati al consumo pro capite mondiale è di 2,85 ettari. La produzione, il consumo e la produzione dei rifiuti sono dunque attestati al 30% al di sopra del livello di sostenibilità indicataci da un’Impronta ecologica responsabile verso noi stessi e verso il pianeta. Se poi analizziamo le diverse aree del pianeta, scopriamo che mediamente un cittadino statunitense consuma e produce rifiuti per 12,2 ettari. Ciò vuol dire che, se tutti gli abitanti del pianeta consumassero quanto consumano mediamente i 300 milioni di cittadini USA, ci vorrebbero le risorse di 6 pianeti! Ecco perché la gran parte del pianeta vive in povertà (2 miliardi su 6 vive di stenti!) e 24000 persone al giorno muoiono di fame. Quell’unico pianeta, infatti, è riservato al ristretto mondo dei ricchi, alle sue paranoie consumiste e alle logiche sviluppiste dell’economia capitalista. Ma anche se si dovesse raggiungere l’equilibrio tra consumi e disponibilità questo risultato comunque non risolverebbe i problemi ambientali. Nell’ecosfera, infatti, vengono immesse molte sostanze inquinanti, frutto di un industrialismo che dura da tre secoli. Vi sono in particolare tre famiglie di molecole – prodotte dalla combustione energetica industrialista – che danneggiano gravemente la salute dell’uomo, creano alterazioni al clima, danneggiano la vivibilità degli animali e della vegetazione. Sono quelle degli Ossidi di Azoto, Carbonio e Zolfo.

Il capitalismo, dunque, non solo è un’economia da superare nei termini quantitativi della produzione ma anche nei parametri qualitativi della formazione del bene mercantile. Oblìando il più scomodo tra i significati di Logos, l’occidente capitalista ha inibito la Scienza delle Relazioni per eccellenza quale sarebbe dovuta essere o quale dovrebbe essere l’Ecologia ove l’Oikos sarebbe l’accogliente Casa ove la Natura umana esprimesse – attraverso il Logos – la totalità delle proprie vocazioni e l’eccellenza delle proprie potenzialità. Il risultato della soppressione del genuino significato del Logos è che l’economia non è più sottoposta al vaglio dell’Etica comunitaria nel quale un soggetto umano non riconosce la Casa e se stesso nella sua Essenza profonda. Il nesso tra Ecologia ed Economia è strettissimo e bilaterale. L’Individuo anticomunitario e autosufficiente nel proprio egoismo sprigiona la libido prometeica infilandosi nel tunnel del Progresso e dello Sviluppo infinito, centrati sul desiderio di onnipotenza e di delirio da illimitatezza di bisogni, sempre nuovi e sempre maggiori, sempre da esaudire e da soddisfare. Quando Serge Latouche, nel solco dell’ammonimento di Roegen, invita a decolonizzare l’immaginario (consumistico), egli in realtà ci invita implicitamente 1) a delineare un progetto politico – in cui la dimensione locale si raccordi con quella globale – che ripristini la dimensione comunitaria nella quale l’economia perda il suo criminale e attuale presupposto di autonomia rispetto alla dimensione politica, di cui invece deve avere un carattere sussunto e subordinato, tenendo ben salda e ferma l’idea che la Politica è centrale se la Comunità è retta sulle principali caratteristiche della Natura umana, vale a dire la Razionalità dialogica e la Socialità; in cui 2) è chiara ed esplicita la consapevolezza politica sia del superamento dell’attuale economia capitalista sia della sussunzione di qualsiasi economia rispetto alla decisione politica, tenendo conto che i “valori” occidentali attuali del Progresso, dello Sviluppo, del Consumo illimitato e dell’aumento costante del Prodotto Interno Lordo (P.I.L.) sono una serie di “Norme Regolative” che portano alla distruzione del pianeta e all’estinzione della razza umana; in cui, terzo aspetto, si celebri l’avvento della vera Ecologia, ove il calcolo sociale di un comunità di persone che si confrontano socialmente sulle idee (anche divergenti) in vista però del mantenimento di un costante equilibrio nei rapporti con l’ambiente naturale e nel rispetto dei suoi ecosistemi, organizzi un’economia finalmente a misura d’uomo e del pianeta, inteso anche come terra, acque, aria, vegetazione e fauna.

L’Economia attuale, che da strumento diventa il fine, è, come detto, il sistema economico e sociale denominato capitalismo. L’autonomizzazione dell’economia dall’Etica (intesa questa come Morale Pubblica, non come sommatoria di morali individualistiche basate sulla morale autonoma di tipo kantiano…) è dunque l’esito di un Logos ridimensionato che non riconosce l’Oikos. Il dramma dell’uomo moderno occidentale consiste nell’accettazione passiva di logiche economiche che devastano sia la Natura umana che, di riflesso, la Natura ambientale. L’Economia autonomizzata dalla Politica e svincolata dalle Relazioni tra le diverse Nature – la cui Scienza dovrebbe essere la vera Ecologia – è un programma a lento rilascio che ha come risultato finale il suicidio di specie. Nell’ultimo atto di questo dramma – che noi al più presto dobbiamo interrompere, perché riteniamo che il suicidio non sia il nostro destino – l’Ecologia è dunque ridotta a scienza di sistema. Una scienza per come è intesa dalla cultura positivistica oggi imperante, che la derubrica a scienza di una relazione unilaterale tra un generico organismo umano e l’ambiente da esso dominato. Il Logos dell’Oikos non è considerato il calcolo sociale del legame comunitario con la Madre Terra, ma semplicemente la descrizione dei guasti all’ambiente con allegate parziali critiche correttive intrasistematiche. L’Ecologia di sistema, o meglio l’Ecologia ammessa dal sistema, fornisce le direttrici “culturali” su cui sviluppa le proprie tesi l’ambientalismo ufficiale, quello dei cosiddetti Verdi. Non che questi ecologisti di sistema non combattano alcune battaglie giuste. Il problema di fondo è che loro combattono la TAV, gli Inceneritori, il Cromo esavalente nelle falde acquifere, e si prodigano per lo smaltimento totale dei rifiuti senza collegare organicamente queste singole battaglie ad una reale e radicale critica antagonistica al sistema capitalista globale. Il peccato originale dell’ambientalismo ufficiale di sistema è quello di discendere dalle Tesi espresse dal Club di Roma che, pur criticando i limiti dello Sviluppo, ne vuole correggere i difetti interni senza mettere in discussione il concetto stesso di Sviluppo che – malgrado tutte le dissimulazioni, ingenue o meno – richiama direttamente i concetti di Illimitato e Infinito, quantunque le risorse non rinnovabili a disposizione del pianeta siano limitate e finite.

Da qui l’adesione assurda alla Tesi disgraziata dello Sviluppo sostenibile e, a cascata, l’accondiscendenza dell’ambientalismo ufficiale di sistema ad agire fattivamente e produttivamente (ecocapitalismo, capitalismo verde, green economy e altre amenità del genere…) all’interno del sistema capitalista, magari criticandone alcuni aspetti, ma mai trascendendolo. All’interno di questa contraddizione, si situa anche la battaglia a favore delle energie rinnovabili (energia solare, eolica, marina,…) in sostituzione delle energie non rinnovabili (energia di origine fossile) che non è esplicitamente intesa come transizione verso il superamento del sistema capitalista ma come momento di correzione del sistema stesso, con il mantenimento sostanziale delle stesse logiche parassitarie, sfruttatorie e alienanti che contraddistinguono l’attuale economia dominante.

Dunque, la green economy, l’ecocapitalismo e il capitalismo verde sono il tentativo di autocorrezione capitalista operanti con l’avallo dell’ambientalismo ufficiale, quello dei Verdi occidentali, di Greenpeace e del WWF. Quale è, invece, la Vera Ecologia, la Scienza per Eccellenza delle Relazioni tra le diverse Nature, l’Umana e l’Ambientale, di modo che tra esse si ricerchi la Simbiosi e l’Armonia? Per definirla, in partenza riprendiamo la distinzione che Arne Naess poneva tra ecologia superficiale ed ecologia profonda, dandole noi, però, una nostra interpretazione originale. L’Ambientalismo di sistema è un ecologismo di superficie in quanto descrive i danni inferti all’ambiente senza indagare a fondo sul sistema economico che li provoca e, soprattutto, eludendo il problema di fondo – in termini di omessa denuncia – rappresentato da una soggettività umana occidentale che si pone come forte istanza egoica, che si percepisce come il signore della natura, il padrone di essa, il suo dominatore, colui che è in grado – solo al mondo – di strumentalizzarla, manipolarla, inquinarla e destabilizzarla. E’ una soggettività faustiana che travisa la sete di Conoscenza non intesa come elevazione ma come possesso; è una soggettività prometeica che travisa il sacro genio del fuoco creativo con l’incubo di un mondo degradato a tecnica. L’ecologia di superficie – ovvero l’Ambientalismo ufficiale – abdica dalla funzione veritativa che una vera ecologia avrebbe nella sua costituzione in quanto Scienza per eccellenza delle Relazioni tra Nature. Chi è, dunque, il Soggetto delle tre Relazioni fondamentali che caratterizzano l’Ecologia vera, che sono regolate dal Logos dell’Oikos? E’ l’Essenza dell’Uomo.

E’ la sua matrice spirituale, colei la quale, ricercando l’Essere per completarsi (Prima Relazione) si apre per mezzo di una razionalità dialogica che esige il confronto ed esige la Socialità – l’Amicizia, la Comunità – con l’Altro, cioè l’Altra e le Altre matrici spirituali a lei prossime (Seconda Relazione). L’Essenza dell’Uomo si caratterizza dunque con il dialogo razionale e la socialità nello scorrere della temporalità e della Storia. Questa Comunità esige uno spazio che accolga l’incontro di questa Totalità sociale e questo Luogo privilegiato è (Terza Relazione) la Natura ambientale, il Territorio. L’Oikos richiede una necessaria armonia con il Soggetto dotato di Logos. La fauna, la vegetazione, le acque, i monti, gli ecosistemi, esigono un rispetto sacrale in quanto sono il riflesso della spiritualità del Logos, dell’Essenza del Soggetto umano. Un pianeta inquinato e ridotto a immondezzaio come quello attuale è il riflesso di un’Essenza umana mortificata e annichilita. C’è un nesso strettissimo tra le acque inquinate di un Lago e l’uso abnorme di psicofarmaci assunti da fasce sempre maggiori della popolazione occidentale, e non solo per i residuati dei metaboliti della cocaina. I due fenomeni sono diverse espressioni dello stesso malessere (nichilismo autodistruttivo). E’ evidente che esiste un sottile equilibrio da rispettare. E’ un equilibrio che si gioca su un sentiero stretto di montagna con due burroni ai lati. Da una parte vi è una soggettività umana (quella attuale) che si considera come un dio creatore, che plasma e sottomette – dominandola – la Natura ambientale, al punto di alterarne l’infinità e la complessità dei suoi ecosistemi, delle sue nicchie ecologiche. E’ una soggettività umana che considera la natura ambientale come merce da trasformare in prodotto mercantile.

E’ una soggettività prometeica e faustiana che nega e brutalizza la propria Essenza; è una soggettività scaturita dalla linea di pensiero cartesiano-kantiana e che trova compimento, paradossalmente, nell’anonimo, impersonale e distruttivo sistema economico capitalista. Dall’altro lato vi è una soggettività umana complementare, anche se apparentemente opposta a quella attuale. E’ quella che si nasconde al mondo in quanto cosciente della propria Essenza mortificata, ma che reagisce a questo “morendo” nel disincanto rassegnato. E’ una soggettività umana che disperde la propria Natura nell’indistinguibilità con gli altri esseri viventi e non viventi. E’ una soggettività che si vergogna di appartenere ad un genere umano che si annulla nelle logiche nichiliste del profitto, del parassitismo e dell’alienazione, ma che rinuncia alla lotta per trascendere questo mondo. In questa soggettività neoepicurea, Natura umana e Natura ambientale si fondono confusamente in una dimensione astorica che richiama alla memoria la celeberrima metafora di Hegel quando descriveva il contraddittorio scenario schellinghiano paragonabile a una notte scura senza luna che rendeva nere tutte le vacche che pascolavano in fondo alla valle.

La soggettività umana che vive le tre Relazioni e che assume l’Ecologia come Scienza di queste Relazioni è invece cosciente dell’esclusività dell’Autocoscienza (preclusa ad un abete, a una giraffa e ad una roccia) che la pone, però, nella condizione di essere un primus inter pares a cui è deputata la responsabilità comunitaria della progettualità politica nella quale sono oggetto di costante ricerca l’equilibrio e l’armonia anche con quell’abete, quella giraffa e quella roccia. E’ la responsabilità che necessariamente deve assumersi il Genere umano nel momento in cui relaziona se stesso con la Natura ambientale. La ricerca dell’armonia e dell’equilibrio, da una parte, nega qualsiasi forma di sviluppismo economico e prospettive legate al concetto di Progresso, delineato quest’ultimo da un’idea di Storia lineare quanto mai funzionale alle logiche capitaliste e nemica acerrima della storicità ciclica propria della Natura. Dall’altra parte, nega la confondibilità degli esseri viventi e l’antiumanismo implicito ad essa. L’Ecologia profonda (di cui fortemente critichiamo – rigettandolo – un suo interno tema programmatico, quale quello del contenimento demografico della popolazione umana) – che ha il pregio, però, di avere rotto l’incantesimo tecnoscientista nel quale rimane stregata l’ecologia superficiale e l’ambientalismo di sistema, progressista e votato allo sviluppo sostenibile – è da noi accolta con la correzione suggeritaci da Alain De Benoist, secondo la quale è la cosciente responsabilità umana che rappresenta il momento decisivo politico intorno a scelte che contemperano l’armonia e l’equilibrio tra tutti gli esseri viventi e non viventi, e non l’indifferenzialità tra essi in nome di un olismo sterile.

ARTICOLI SECONDARI

Di seguito una carrellata di articoli inerenti l’area tematica Ecologia:

 

Cultura e società

A PROPOSITO DI CULTURA…

di Paolo Bogni

Se per concetto di Cultura semplicemente – senza ulteriori aggiunte – s’intende il patrimonio di conoscenze artistiche, religiose, filosofiche, scientifiche acquisito da un uomo o da un gruppo umano (Popolo, Comunità, Nazione …), da subito noi prendiamo le distanze – pur ritenendolo non del tutto privo di alcune ragioni – dall’estrema genericità espressa da questo semplicistico concetto. Pur tenendo ferma l’idea che la Conoscenza sia l’attività spirituale per eccellenza che nei diversi gradi e a diversi livelli determina il grado di Coscienza attraverso la quale un uomo o un gruppo umano percepisce la Totalità, intesa quest’ultima come l’orizzonte originario nel quale tutte le cose e le azioni hanno un Senso e determinano il loro Essere, noi allora completiamo questo parziale e insufficiente concetto di Cultura aggiungendo che il patrimonio di conoscenze deve vivere nel dialogo libero da svolgersi in una dimensione sociale, comunitaria e politica, perché la Totalità e l’Essere non esistono al di fuori dell’Incontro – anche problematico, dialettico e conflittuale – tra l’Io soggettivo e il Noi comunitario. Non c’è Cultura, dunque, se non c’è Comunità e viceversa.

La Totalità non è però l’orizzonte originario della Conoscenza astratta e non è la dimensione dell’Essere inteso anch’esso astrattamente da un punto di vista dell’Ontologia ufficiale. La Vera Cultura si fonda invece su una Conoscenza e su un Orizzonte ontologico che ha nelle sue trame Saperi e Alfabeti che rappresentano l’Elevazione e la Metafora della Totalità sociale in cui il Soggetto umano vive e progetta, in armonia con la propria natura, la natura ambientale, gli altri esseri viventi e non viventi. Questa Totalità sociale è la Comunità dove l’Io e un altro Io s’incontrano e diventano un Noi comunitario e politico. La Totalità primigenia – quella politica e comunitaria – è dunque sublimata ed elevata dalla Vera Cultura e trova i suoi equilibri attraverso la Misura, la Concordia, la Solidarietà el’Armonia.

La Vera Cultura è rivolta ed è accessibile alla Persona integrata a tutti i livelli del proprio Essere, che vive in Comunità, perché quella Totalità in cui hanno senso i Saperi e gli Alfabeti parziali è l’Elevazione della Totalità in cui l’Io, il Tu e il Noi comunitariamente e politicamente – pur in modo dialettico e problematico – condividono quegli Alfabeti e quei Saperi. Purtroppo rileviamo che la cultura odierna – falsa come nessuna menzogna sia mai stata pronunciata nella Storia dell’umanità – è rivolta esclusivamente ad un Individuo atomizzato, asociale, sradicato da qualsivoglia dimensione comunitaria e avulso da ogni autentico percorso politico. La cultura odierna è l’espressione – prendendo ad esempio uno spezzone di questa società – della gran parte (alcuni sopravvivono all’indecenza, per fortuna, ma rappresentano una straminima minoranza) di laureati sfornata dalle accademie universitarie ufficiali d’occidente, autentiche palestre della peggiore imbecillità e del più ignobile degli individualismi che la Storia possa ricordare. La Cultura, invece, o rappresenta una crescita del Singolo e della Comunità a cui appartiene oppure essa semplicemente non è, costituendo altresì – l’insieme di quei saperi – astratto nozionismo e aggregazione di diversi alfabeti tecnici subordinati al funzionamento di una macchina sociale nichilista (il Sistema capitalista) piuttosto che alla vitalità di una Comunità cosciente del proprio Destino, della propria missione nella Storia, della propria progettualità politica.

Quell’Epoca e quell’Atmosfera che noi conosciamo come Occidente è la rappresentazione decadente e terminale della riduzione della Cultura al rango inferiore di nozionismo astratto e tecnico, e la massa informe di laureati prodotta dalle sue Scuole alte sono il fenomeno antropologico che meglio descrive la malattia terminale di cui l’Occidente sta morendo. Perché è quell’”intelligenza tecnica” che sta decretando la fine dell’Occidente e – lottiamo affinché così non sia – dell’umanità tutta. La cultura odierna rappresenta dunque il peggiore strumento per scardinare e distruggere la Misura, la Concordia, laSolidarietà e l’Armonia: in una parola la Comunità. E’ lo strumento che prepara il terreno ad accogliere le nefaste sementi delle logiche economiche capitaliste. E’ una cultura che isola, frammenta, separa, reseca, atomizza, nullifica l’Io, lo distoglie dal legame con il Noi e impedisce ogni rinascita comunitaria. Il Sistema capitalista occidentale e la sua cultura ufficiale agiscono deliberatamente per la costruzione e la definizione (questo progetto infame dura da più di tre secoli…) dell’Individuo atomo infarcito di un miliardo di nozioni ma privo di veri legami sociali, comunitari e politici, e predisposto “intelligentemente” a essere macchina tra le macchine.

La cultura odierna concorre a sedurre il Soggetto manipolato attraverso un’ingente offerta di prodotti (film, rassegne teatrali, gallerie, festival della letteratura, mostre, fiere, esposizioni,…) che danno luogo a una variegata serie di dibattiti, discussioni e spettacolari contrapposizioni. L’avvento della merce-opinione è una delle novità epocali proposta dalla falsa cultura odierna ed è contigua e spesso interna alla “libera” circolazione di idee plastificate che strutturano il dibattito politico dell’attuale democrazia rappresentativa, quella imperniata sulla ridicola e falsa dicotomia destra-sinistra, la quale – nella sua funzione di rappresentanza – è pienamente funzionale a interpretare degnamente gli interessi delle oligarchie finanziarie e capitaliste. La democrazia rappresentativa liberale non è portatrice degli interessi né degli elettori attivi (gli ingannati, gli illusi, gli ingenui e gli stupidi, vale a dire i sudditi che votano e subiscono), né degli elettori passivi (in minima parte composta da ingenui, in gran parte di ladri e di corrotti, vale a dire i parlamentari e i governanti che agiscono in qualità di servi ben retribuiti dalle oligarchie finanziarie e capitaliste).

La stessa Natura umana è sottoposta ad una radicale ridefinizione, ove in luogo della razionalità dialogica e della socialità si tenta una sostituzione con una razionalità tecnostrumentale e l’egoismo asociale, che proiettano l’umano in una dimensione antropologica transumana, dove l’umano e la macchina, grazie al mascheramento neutrale della Tecnica e alla manipolazione dei vissuti attraverso l’imposizione del Linguaggio nichilista della Pubblicità e del Marketing, saranno fusi in un’unica entità. Apriamo una breve parentesi per puntualizzare fin da ora che la razionalità dialogica e la socialitàsono sì due caratteristicheuniversali per qualsivoglia Comunità, calibrate però in diversi Usi, Costumi, Alfabeti, Saperi, Miti, Religioni, e quant’altro caratterizzi e specifichi una Comunità rispetto ad un’altra Comunità. IlComunitarismo a cui noi tendiamo non è l’avvento di un’unica Comunità mondiale cosmopolita (cosmopolitismo e universalismo non sono sinonimi. La Comunità non è un Villaggio Globale. Anzi..), ma si specifica invece attraverso l’interazione e il rispetto reciproco di molteplici Comunità autonome e/o federate tra esse. Diversità, Differenze, Identità e Comunità rappresentano un tutt’uno complesso e problematico che da un lato deve respingere l’omologazione individualista del “cittadino dell’universo” cosmopolita, multirazziale, “multiculturale” e indifferenziato, e dall’altro deve depotenziare gli etnocentrismi chiusi, razzisti e xenofobi, forieri di paura e violenza non meno gravi dei bombardamenti umanitari attuati in nome del globalismo capitalista cosmopolita.

L’odierna cultura (la falsa cultura) occidentale favorisce sfacciatamente l’annullamento delle Diversità fingendo di esaltarle all’interno della macedonia multirazziale in cui – in verità – tutte le differenti identità vanno a scomparire per fondersi antropologicamente nell’unica sottosintesi dell’Individuo cosmopolita consumatore e consumato, merce tra le merci e cosa tra le cose. In precedenza avevamo detto dell’imposizione da parte del Sistema del Linguaggio nichilista della pubblicità e del marketing, riguardante non solo il mercato dei prodotti (merci e servizi) ma concernente l’intera quotidianità in cui paradigmi e parole d’ordine vengono introiettate – anche attraverso messaggi subliminali e rivolte al suo inconscio – nell’Individuo da manipolare, programmare e controllare. Questo Linguaggio è imposto ad un’opinione pubblica creata e manipolata attraverso il rovesciamento dei significati intorno a concetti e parole resi ambivalenti in funzione della seduzione prima e della circonvenzione poi. Si pensi al concetto di “guerra umanitaria”, oppure a quello di “missione di pace”, per non parlare di “banca popolare”, “datore di lavoro” o quello di “debito sovrano”, per non dire, infine, di frasi più articolate quali “il padrone dà da mangiare all’operaio”.

Analizziamo i rovesciamenti di significato attuati con la pacifica seduzione prima e l’addomesticamento (o fregatura) dopo, comprendendo l’opera di manipolazione attuata dal Sistema presso gli Individui (caratterizzati spesso da volontaria complicità a farsi ingannare) formanti l’opinione pubblica occidentale, l’aggregazione umana più stupida che la Storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Cosa c’è di umanitario nel bombardare la città di uno Stato che non vuole inginocchiarsi ai voleri di un imperialismo capitalista e che procura migliaia di morti? Di quale pace sta parlando il diplomatico che dichiara guerra – chiamandola missione – ad uno Stato che vuole occupare militarmente per conto di interessi legati al grande capitale e dell’alta finanza? Come si può chiamare popolare un ente così vergognosamente e schifosamente antipopolare come una qualsiasi banca? Come può dare il lavoro un imprenditore capitalista quando – nella realtà – lui prende quel lavoro da cui preleva quella particolare quota che aumenta il capitale iniziale da lui investito? Come può definirsi sovrano del debito uno Stato che di quel debito soffre? E’ come dire a un malato di tumore che lui ha un “cancro sovrano”.

E quanta menzogna c’è nella falsa idea – però metabolizzata da tutta l’opinione pubblica globale – secondo la quale è il datore di lavoro che dà da mangiare al suo dipendente quando è invece vero l’esatto contrario da tre secoli in qua! L’odierna cultura occidentale agisce per soffocare l’essenza di ogni uomo e per impedirgli ogni elevazione che lo faccia sentire come appartenente ad una Comunità e ad un Senso dell’Essere integrale e superiore. La Vera cultura, che sopravvive in poche nicchie umane emarginate e silenziate, orienta invece il Soggetto umano nella naturale prospettiva politica, la cui apertura contiene il presupposto relazionale tra soggetti umani e la loro naturale vita comunitaria. In questa prospettiva, la Cultura è dunque un patrimonio di conoscenze a cui sono legati Simboli e Significati in cui si gioca non solo il Senso dell’Essere di un singolo soggetto umano ma il Senso dell’Essere di un Popolo e di una Comunità. Questo secondo aspetto del significato del Senso dell’Essere comunitario inerisce al Destino di quel Popolo e di quella Comunità, destino non scritto né segnato ma da scrivere, progettare e vivere. Attraverso questo significato (che è il primigenio significato dell’Essere), la Vera Cultura è la naturale precondizione della progettualità politica. Il luogo, la luce, nel quale la Cultura esprime il Simbolo e il Significato delle conoscenze acquisite è il Linguaggio.

Va da sé che, intervenendo sul Linguaggio attraverso le molteplici Agenzie a propria disposizione, il Sistema capitalista occidentale opera una capillare azione manipolatoria e di controllo nei confronti della Natura umana. La Resistenza di chi vuole restare umano è dunque attestata sullaricerca della genuinità del Linguaggio. Facciamo nostra la tesi heideggeriana secondo la quale il Linguaggio è la Casa dell’Essere. Ad ogni Simbolo da evocare e ad ogni Significato da giustapporre vi è dunque un continuo “Tornare a Casa” da parte di un Soggetto umano e – nell’interrelazione tra Soggetti – di una Comunità. La Vera Cultura passa attraverso un necessario Ritorno problematico che ogni soggettività (singola e comunitaria) deve compiere in quanto ritorno all’Essere originario. E’ la loro Missione e il loro Scopo; è l’Essenza della loro dignità di essere umano e di comunità di esseri umani; ne rappresenta il Viaggio che descrive il ritorno all’orizzonte originario. La Cultura come Linguaggio in cui dimorano Simboli e Significati di una Comunità è perciò un lungo Viaggio alla ricerca del Senso dell’Essere ed è la meravigliosa – a volte tragica – avventura del Ritorno a Casa della matrice spirituale di ogni uomo. L’orizzonte originario da cui sgorga la Totalità meta del Viaggio è l’Essere personale, comunitario e politico. E’ L’Assoluto in cui tutto si compie e per cui tutto ha un Senso. Scopo del Sistema capitalista è riconvertire l’Assoluto – anelito ineliminabile della Natura umana – nell’Universo della Merce. Infinita produzione, infinita distribuzione, infinito indebitamento (privato e pubblico) e infinito consumo.

L’Assoluto è sciolto nella Materia, è immanente ad essa e per il Soggetto umano manipolato la nuova trascendenza da cui non può prescindere è proprio la Materia stessa. Il Sistema capitalista è dunque una prigione senza muri – in quanto eretta sull’illimitatezza dei suoi confini – da cui è impossibile evadere, se non rimettendo in discussione l’attuale stato della manipolabilità della Natura umana. Il capitalismo e l’occidente agiscono scientificamente sulla potenziale manipolabilità della Natura umana e da lì costruiscono il loro Sistema di Sfruttamento, Parassitismo e Alienazione. La società attuale degli iperconsumi e dell’iperdebito necessita strutturalmente di un Soggetto umano rinchiuso nella materia e illuso di “vivere” una spiritualità piena che – nella realtà – è invece astratta, chiacchierata, artificiale, rituale nella retorica di abitudini liturgiche e tale per cui l’Io non vive alla ricerca dell’integralità ma sopravvive per mantenere la provvisorietà biologica, materiale e animale. L’Energia vitale è tutta condensata nella materia e si esaurisce in un corto circuito tra accumulo, produzione, debito, distribuzione e consumo. Il genuino coglimento dell’Assoluto rappresenta, consciamente o meno, la tensione per la quale l’umanità ha sete di Conoscenza. La Cultura, quella Vera, è la corrispondente aspirazione di portare alla luce – attraverso percorsi multipli – la Totalità di questa Conoscenza.

Questa Totalità è oggetto di tre fondamentali punti di vista che rappresentano la storia della Cultura umana e del suo Viaggio verso il ricongiungimento con l’Assoluto. I tre punti di vista sono l’Arte, la Religione e la Filosofia, e la loro elencazione rispetta l’insuperabile formulazione hegeliana. L’Arte esprime la Soggettività, la Religione l’Oggettività e la Filosofia l’Incontro tra la Soggettività e l’Oggettività in cui l’Assoluto si coglie. La Storia della Cultura umana è un fiorire immenso legato a questi fondamentali punti di vista. Nell’Arte sono da contemplare principalmente la Musica, la Poesia, l’Architettura, la Scultura, la Pittura, la Letteratura e il Teatro. Nella Religione si sono formate e tramandate antichissime Tradizioni come il Paganesimo, l’Animismo, il Buddhismo, l’Induismo, il Confucianesimo, l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam. Nella Filosofia sono sorte le grandi Dottrine che hanno indagato la Totalità dell’Essere e il Senso profondo della loro indagine, menzionando qui i più importanti pensatori quali Platone, Aristotele, Fichte, Hegel, Marx, Heidegger. Cruciale, quando parliamo di Cultura, è chiedersi quando siamo in presenza di Vera Conoscenza e quando, invece, siamo al cospetto di una Falsa Conoscenza. La Vera Cultura è la Conoscenza della Totalità nella quale si risolve il Soggetto in un processo diCrescita interiore, comunitaria e politica. La Falsa Cultura è invece la settorializzazione a compartimenti stagni di saperi parziali sganciati dalla Totalità; saperi sincopati nei quali il Soggetto rinchiude la propria limitata esistenza in quanto atomo isolato, null’altro che un addetto tecnico ai lavori di una macchina tecnoscientifica e condannato ad essere un militante del Nulla. Va da sé che la Falsa Cultura è una delle caratteristiche fondamentali per comprendere l’occidente capitalista odierno. Il Nulla è la nullità riconosciuta all’Essere come fondamento della Totalità. Dunque, l’Essere semplicemente non è riconosciuto. La metafora etica di questa nullità è l’imperante relativismo dei valori di cui l’Occidente è il padrino. Non esiste la Verità, ma esistono infinite verità; non esistono le Comunità umane ma ogni Individuo è sussistente di per sé, imprigionato al più in “comunità” fittizie (quali Facebook o le curve delle tifoserie calcistiche, per fare due esempi tra mille possibili), e ogni relazione con l’altro è dettato dal Nulla, cioè dalle Leggi del Mercato e della Finanza.

Il Non-Senso riconosciuto all’Essere è dunque il Nulla. Dal Greco (e poi dal Latino) il Nulla si traduce con Nihil. Dunque, il percorso nullificante dell’Essere come Totalità prende il nome di Nichilismo e la Falsa Cultura dell’epoca odierna denominata Occidente ne è la limpida – ancorché oscura – manifestazione. Abbiamo detto che il Linguaggio è l’espressione dell’Essere. Il Sistema capitalista agisce – attraverso l’opera delle sue agenzie “educative” – affinché l’Essere coincida con il Nulla e cioè sganciato dalla Totalità. L’unica dimensione riservata all’Assoluto è quella che sovrintende alle Leggi del Mercato (produttività, iperconsumo, iperindebitamento, sviluppismo, progresso,…) ed è una dimensione – dal punto di vista dei voleri di banchieri e capitalisti – intrascendibile e immodificabile per il Soggetto umano. Scopo del Sistema capitalista, dunque, per mantenere alti i livelli di sfruttamento, parassitismo e alienazione è quello di lavorare sul Linguaggio dell’Individuo in modo tale da poterlo manipolare, programmare e controllare. La Falsa Cultura è uno dei più potenti strumenti al servizio del Sistema capitalista globale per disporre dell’umanità e del pianeta. L’Arte, la Religione e la Filosofia sono soggette – ognuna nel proprio ambito – alla distruzione della Totalità come orizzonte originario entro il quale determinare la propria specificità. Esse sono invece ridotte a svolgere il ruolo delle parzialità conchiuse, vuote, isolate dall’Infinito (ambito, quest’ultimo, riservato esclusivamente all’immane produzione di merci e servizi e alla circolazione di denaro…) per allontanare il Soggetto dalla pienezza integrale del proprio Essere personale, comunitario e politico; dalla Trascendenza politica nei confronti del dominio economico (capitalista) e all’Immanenza del Noi come parte attiva della Storia. La Storia del capitalismo è invece la Storia della resecazione dell’Io. L’Io è separato dal Noi. L’Io è separato dalla Natura, la propria e quella ambientale.

L’Io è separato dall’Essere nella sua dimensione integrale. La Cultura di questo Io è la Cultura del Nulla, del Vuoto. La Separazione da tutto e dal Tutto è la costante di tutto ciò che concerne l’odierna Arte, l’odierna Religione e l’odierna Filosofia. Se la Cultura, in quanto patrimonio di conoscenze, non evoca Simboli né Significati che cementino la Comunità nell’incontro tra l’Io e il Noi e non muove la progettualità politica sulle direttrici della Giustizia e del Bene Comune, essa non è la Kultur che dà vita alle Persone e ai Popoli ma è ridotta ad essere nulla più che un nozionismo verbale che dà fondamento al tecnicismo tipico di quell’abisso deprimente costituito dall’odierna civiltà occidentale. Se la Cultura separa l’Io dal Noi riducendo la visione della Totalità ad una frammentazione parziale dei Saperi divisi a compartimenti stagni funzionali alla società dei consumi, al moto degli ingranaggi della macchina capitalista e alla massificata solitudine delle relazioni, questa Cultura non è Kultur ma Zivilisation. Volutamente riprendiamo la dicotomia di Spengler con la quale il filosofo tedesco stabiliva il più importante paradigma per comprendere il senso de Il Tramonto dell’Occidente. Riprendiamo la dicotomia Kultur-Zivilisation (per semplificare, Cultura vitale – nozionismo morente) per fondare la nostra dicotomia Comunitarismo (legato a Kultur) e Individualismo (legato a Zivilisation) in quanto opposizione interpretativa all’interno di un’analisi dell’Occidente ove la “Dittatura del denaro” diagnosticata da Spengler è da noi, però, inserita in una più radicale e complessiva critica del Sistema economico e sociale capitalista. La decadenza e l’esaurimento dell’Occidente si evincono dalla cultura (falsa) espressa – in termini sovrastrutturali – dalla “civiltà” capitalista.

Perfetto è dunque il sinonimo tra questa Cultura e la Zivilisation spengleriana. Le rovine del capitalismo sono le rovine dell’occidente e la falsa Cultura progressivamente espressa da questi tre secoli (nelle sue forme fondamentali e simboliche) sono il paravento del Parassitismo, dello Sfruttamento e dell’Alienazione quali logiche di un Sistema sociale ed economico – il capitalismo – fondato sulla necessaria accumulazione del capitale. La degenerazione della Cultura a vuota civilizzazione determina – nell’odierna vita sociale occidentale – costumi degradati, nichilisti e di una bruttezza mai riscontrata in nessun’altra Civiltà pur tramontante. Nella morte a cui sta andando incontro l’occidente capitalista non vi è, a differenza di altri tramonti, alcuna dignità. E’ il momento più basso e vergognoso della Storia dell’umanità. Musica sincopata e satanica; programmi televisivi improntati alla demenza e alla bassa animalità; dipendenza strutturale e massificata da mezzi tecnologici; solitudine di massa; psicofarmaci, alcool e droghe assunte da masse di alienati; eventi sportivi allestiti come sfogatoio di rabbia collettiva repressa; gioco d’azzardo come naturale intrattenimento onirico riservato a sterminate folle di idioti. E ci fermiamo qui, perché la lista dei costumi occidentali sarebbe lunga.

Che almeno la smettano – a occidente capitalista morente – i servi ipocriti e criminali della carta stampata, della televisione, di internet e delle accademie universitarie di definire l’occidente come il migliore dei mondi possibili. Correlata alla falsa cultura odierna, vi è il falso apparato educativo. Le attuali scuole dell’infanzia, scuole elementari, scuole medie inferiori, scuole medie superiori, scuole professionali e, soprattutto, l’università (compresi i master o altre specializzazioni) non sono assolutamente da intendersi come percorsi di Educazione, dove non vi è nessun ex duco, nessuna crescita interiore, nessun “trarre fuori”, a partire da una Natura umana rispettata nei suoi elementi originari spirituali fondanti la razionalità e la socialità. Essi, gli Apparati scolastici – qui il Sistema è poco orwelliano e molto chiaro, oseremmo dire “onesto” – sono semplicemente dei percorsi di Istruzione, in vista della formazione dell’uomo (oeconomicus e consumans) produttore/distributore/consumatore di marchio capitalista, con incorporati i “valori” dello sviluppo economico infinito, della libertà (di sciogliersi nel Nulla…), del progresso della Storia e della perfezione tecnoscientifica. L’Educazione, infatti, che ogni Soggetto umano deve (o dovrebbe…) compiere è il Ritorno all’Essere per mezzo della Conoscenza che abbia come Meta e Senso l’Assoluto nella sua infinitezza e nella sua Totalità.

L’Educazione è il riconoscere la Totalità del Soggetto attraverso la risalita dei diversi gradi dell’Assoluto. L’Arte è la sfera dell’espressione soggettiva che emana l’Assoluto e che umilmente accoglie l’eco di ritorno, come la vera musica, la vera poesia, la vera architettura, la vera scultura, il vero teatro, la vera letteratura. L’Arte odierna rappresenta invece la radicale negazione sia della prospettiva entro la quale accogliere l’eco di ritorno e sia dell’atteggiamento umile del Soggetto umano. L’Arte moderna è il corto circuito della Soggettività egoica dell’artista che imprigiona l’assoluto nel proprio Io, esprimendo il Nulla se non l’antitesi del Bello a cui la Vera Arte deve la propria ragione d’essere. La metafora che ingloba il doppio aspetto di questa radicale negazione è quella di un Soggetto che – guardandosi allo specchio – cortocircuita il desiderio di infinità nell’assoluta ricerca del soddisfacimento di qualsivoglia bisogno – essenziale e/o indotto artificialmente – in una dimensione immanente del qui, dell’ora, del subito. La Religione dovrebbe essere il luogo della fede incondizionata nell’Assoluto in cui il Soggetto si sente debitore in quanto parzialità sussunta in esso.

La vera Religione rende conciliabile – siappure nelle diverse forme espresse da Paganesimo, Animismo, Induismo, Buddhismo, Confucianesimo, Cristianesimo, Ebraismo, Islam, etc..- il Soggetto umano e l’Assoluto, che non è fuori da Lui, ma sopra di Lui, in una sorta di Trascendenza immanente in cui Materia e Spirito non si escludono ma rappresentano tappe di diverso grado di un Viaggio ascensionale in cui ha luogo la ricerca del e il ritorno all’Essere. L’odierna Religione rappresenta invece la radicale negazione di questa conciliabilità tra Soggetto umano e l’Assoluto (Dio). La Religione odierna è dunque vissuta – consciamente o meno – dal Soggetto in quanto oggetto escluso e pur dipendente dall’Assoluto, formalmente in un legame di amore ma sostanzialmente in un rapporto di sudditanza. Lo smarrito uomo d’occidente vive separato dall’Assoluto a cui non giunge mai e vive la propria residua spiritualità come quel disperato fedele che prega un Dio che percepisce come a lui totalmente trascendente. La disintegrazione dell’Essere personale e la riduzione del Soggetto umano da Persona integrale a mero Individuo è anche dovuto alla frattura tra l’Assoluto e l’Io umano. La Metafora espressa da questa radicale negazione della conciliabilità tra Soggetto umano e l’Assoluto è quella di un Soggetto prostrato, intimidito e rassegnato di fronte al Dio mercato capitalista e alle sue assolute e insindacabili logiche, rispetto alle quali il Soggetto è programmato per una subordinazione totale che inibisce ogni e qualsivoglia sua vera volontà. Il Dio mercato capitalista trascende – de facto – ogni volontà umana che voglia metterlo in discussione in quanto Assoluto.

Il Dio mercato capitalista è da adorare e basta, e chi lo critica bestemmia, commette peccato e va punito, per il suo bene e per il bene dell’umanità. La New Age e la secolarizzazione dei monoteismi classici sono l’emblema della riduzione propedeutica che l’occidente capitalista ha confezionato nei confronti della Religione odierna, plasmata – è il caso di dirlo – a proprio uso e consumo. La Filosofia è il luogo ove, per eccellenza, Soggetto e Assoluto si incontrano nell’elaborazione della dottrina dell’Essere, laddove per Essere s’intende la Totalità in cui avviene questo Incontro, la cui prima e fondamentale istanza è la Totalità sociale, per cui i Soggetti comunitariamente devono tendere alla Misura, Concordia, Solidarietà e Armonia. Se si elude o si spezza la Totalità (e il Capitalismo è un insuperabile maestro in questo), si spezza e si frantuma la Comunità. L’Incontro è la Meta del Viaggio in cui Soggetto e Assoluto si colgono e si riconoscono pur nella fatica dei travagli, delle fratture, delle scissioni e delle contraddizioni. L’odierna filosofia è invece la radicale negazione dell’Incontro, del Viaggio e, soprattutto, della Totalità. La Filosofia odierna – espressa dalle accademie ufficiali del regime occidente – esalta, al contrario, la separazione, la frattura, la scissione, la divisione della Realtà in saperi a compartimenti stagni. Vigendo l’isolamento di molte realtà isolate fra loro e non ricondotte alla Totalità da cui discendono, la Scienza moderna – che in sé potrebbe essere uno strumento potenzialmente al servizio della Comunità – diviene l’unica prospettiva per interpretare il pensabile. La Filosofia è dunque degradata ad ancella della Scienza moderna, senza che Galileo Galilei si sognasse o si fosse mai permesso di degradare Aristotele in quanto indagatore della Totalità.

A occidente tramontante, la filosofia “serve” nulla più che ad elaborare squallide riflessioni epistemologiche intorno ai metodi in cui le settoriali scienze sperimentali procedono nelle proprie elaborazioni. La filosofia odierna universitaria – e le sue eco nelle Terze pagine dei Quotidiani globali – rappresenta il Notaio di bella scrittura e dal brillante eloquio che ratifica le elaborazioni scientifiche che modellano e strutturano l’apparato tecnologico capitalista. Quest’ultimo ha la funzione – in ultima analisi – di deumanizzare (o meglio dire, transumanizzare) un Soggetto umano sempre più in balia del Nulla a cui è ridotto. La metafora che dà significato a questa radicale negazione dell’Incontro, del Viaggio e, soprattutto, della Totalità è quella di un Soggetto imprigionato in un eterno presente astorico – senza passato né futuro – gestito da una gabbia tecnoscientifica impersonale predisposta per la cosificazione del pianeta e degli esseri viventi e non viventi suoi residenti, con la potenza del Dio denaro capitalista a fungere da Assoluto intrascendibile e imprescindibile per un Soggetto impotente e smarrito, disperso tra iperconsumi, iperdebiti, psicofarmaci e morte per fame e incapace di fare Storia perché fuoriuscito dalla Storia. Gli esiti della filosofia ufficiale e accademica dell’occidente – refertati dal sistema economico e sociale denominato capitalismo – rappresentano dunque il compimentoradicale del Nichilismo, del Non Senso riconosciuto all’Essere. Rappresentano l’impedimento del Viaggio come ritorno ad esso, la rinuncia all’Incontro tra il Soggetto e l’Assoluto e, soprattutto, rappresentano la negazione della Totalità come dimensione in cui storicamente il Soggetto possa effettivamente agire e non essere agito come ora, ridotto a cosa tra cose e merce tra merci.

Quale Filosofia può riconnettersi con il Senso, con il Vivere, con la Vera Progettualità politica? Costanzo Preve e Diego Fusaro ci propongono una sensata e comunitaria via di fuga dall’Epoca capitalista attraverso la dialettizzazione – vale a dire, in termini più semplicemente politici, la contrapposizione frontale – di questo particolare momento storico che non è, malgrado le proprie autocelebrazioni, il culmine di una narrazione giunta con esso alla Fine della Storia, ma ne costituisce “soltanto” l’attuale momento speculativo, vale a dire la fase “ultima e matura”. Quanto duri questa fase “ultima e matura” dipende dalla Soggettività umana e dalla propria natura oscillante tra la bestia e il divino, tra l’Abisso del Nulla e l’Essere integrale. Dipende dal nostro grado di Coscienza e dal nostro livello di Volontà. La nostra Libertà si gioca tra queste due fondamentali Condizioni.

Noi abbiamo il dovere personale, morale e comunitario di rimettere fortemente in discussione questa Epoca storica, coincidente con l’Occidente capitalista americanocentrico, e dare vita ad una prassi politica che non può essere né riformista né minimalista ma che deve essere necessariamente rivoluzionaria. Scorciatoie non esistono. Se non siamo rivoluzionari in termini comunitari e anticapitalistici, meritiamo di morire nella gabbia nichilista dell’occidente americanocentrico con l’avallo della sua decadente cultura. Educazione è dunque sinonimo di risveglio della coscienza dell’intima unitarietà tra Soggetto e Assoluto. Educazione è sinonimo di risveglio della coscienza della conciliabilità tra la dimensione finita e parziale del Soggetto con la Totalità dell’Assoluto. Educazione è sinonimo del risveglio del Soggetto che coscientemente agisce nella Storia attraverso la comunione, la socialità, la condivisione, la solidarietà comunitaria e che – mosso da questi valori – predispone i mezzi per elaborare una progettualità politica. Educazione è sinonimo del risveglio del Soggetto che coglie la fusione con l’Assoluto tramite un patrimonio di conoscenze articolatosi e formatosi con la Vera Arte, la Vera Religione e la Vera Filosofia.

ARTICOLI SECONDARI

Di seguito una serie di articoli inerenti l’area tematica Cultura: