STRISCIONE DI CAPOSALDO SULLE MURA DI BERGAMO IN SOLIDARIETA’ ALLA SIRIA DI ASSAD

Comunicato stampa

 

Sabato mattina, 12 marzo, un gruppo di militanti dell’associazione Caposaldo ha esposto per alcuni minuti lungo le mura di Città Alta uno striscione in solidarietà con la Siria di Bashar al Assad e contro il terrorismo dell’Isis creato e sostenuto dagli Stati Uniti d’America.
L’azione si è tenuta verso le 9.30 del mattino all’altezza di Porta San Giacomo.
Questo il testo dello striscione:

Con Assad
Con la Siria
Contro l’Isis
Contro gli USA

Con questo gesto l’associazione ha manifestato la propria vicinanza al paese mediorientale aggredito ormai dal 2011 dall’Isis e da altri gruppi terroristici tutti diversamente sostenuti dal governo americano col benestare e la complicità di quelli europei.
Si è anche voluta manifestare la vicinanza alla figura del presidente Assad, indebitamente accusato in questi anni di ogni sorta di eccessi, senza mai considerare la solidità di cui gode grazie a un altissimo sostegno popolare. Un sostengo dovuto a una serie di politiche a difesa della sovranità nazionale, quelle stesse politiche che gli sono costate l’inimicizia dei potenti dell’Occidente il quale non ha esitato a travestire i peggiori criminali coi panni del fondamentalismo religioso per estromettere il presidente, tentando anche di mascherare maldestramente la cosa come “primavera araba”.
Solo in questi giorni la rovinosa guerra che la Siria sta sostenendo da quasi cinque anni sembra aver preso una piega positiva per Damasco anche grazie al prezioso aiuto dei suoi pochi ma decisi alleati, come il movimento di liberazione libanese Hezbollah, la Repubblica Islamica dell’Iran e la Federazione Russa.

Nata come coordinamento di movimenti e associazioni legati da una comune battaglia Caposaldo costituisce ora un’associazione che raccoglie le esperienze e le sensibilità personali di militanti di diverse provenienze. Scopo del movimento è la lotta contro il sistema capitalista e il Nuovo Ordine Mondiale con la messa in campo in particolare di momenti di controinformazione, volantinaggi e incontri di approfondimento. La varietà originale degli associati consente di trattare il tema da diverse prospettive, dall’economia alla politica, dalla spiritualità all’ecologia.

GENITORIALITA’

di Simone Boscali

C’è qualcosa di profondamente sgradevole nella fotografia qui sopra, una foto che ritrae una coppia di uomini in cui uno dei due stringe al petto un neonato, venuto al mondo con la pratica dell’utero in affitto (qui la storia della fotografia).

A creare questo disagio non è la coppia in sé e non è nemmeno l’idea della modalità di procreazione, che in un’istantanea non traspare.
Non sappiamo nemmeno, da questo singolo scatto, se il bambino sia stato sottratto alla madre immediatamente (cosa che di solito avviene con le surrogate) oppure se le sia stato lasciato inizialmente prima di essere consegnato ai compratori, ma nemmeno questo dettaglio è in effetti importante.
Quello che più stona nel quadro complessivo è il gesto dei due uomini che, presenti a petto nudo al momento del parto, prendono il bambino nella vana illusione di simulare l’ambiente corporeo materno nel quale un neonato cerca un minimo di conforto dopo il trauma fisico della nascita.
Appena nato infatti, un bambino trova riposo sul petto materno sviluppando con la madre un legame ad un tempo chimico ed emotivo, calmandosi nel percepire lo stesso battito cardiaco che ha ascoltato da vicino per nove mesi, ma soprattutto si sforza di compiere i primi movimenti alla ricerca del seno per succhiarne, sin dai primi istanti di vita, il latte.

Ora, fingendo per un attimo che l’omogenitorialità sia una cosa corretta e sforzandosi di ignorare il modo in cui quel bambino è stato procreato, dovremmo riconoscere che il ruolo dei due compratori, in quanto maschi, debba appunto essere quello di “padri”. L’uso del plurale impedisce di nascondere che già qualcosa non va, ma è un qualcosa di intrinseco nell’omogenitorialità in cui appunto la coppia è composta da persone dello stesso sesso, e si tratta a questo punto del male minore perché un uomo che volesse essere genitore non potrebbe che essere il padre, e quindi, visto il caso, abbiamo due “padri”.

Eppure i “padri”, uno dei due in particolare, si sforzano di imitare grottescamente la fisicità materna che sanno essere il primo rifugio che il piccolo cercherà appena venuto al mondo. Questo perché, al di là di tutte le dissimulazioni, di tutte le pretese egualitariste, di tutte le barzellette sui “concetti antropologici”, essi sanno benissimo di non rappresentare tutto ciò di cui il neonato ha bisogno. Tra i “padri”, almeno uno dei due è di troppo.

Come si diceva in un precedente articolo (L’inconscio collettivo tra gender e unioni civili) quando una persona è in pace con se stessa si propone agli altri per quello che è. Per rafforzare il tutto con un esempio, una tartaruga serena, che ha accettato senza problemi la propria lentezza e la propria goffaggine, non ha problemi a mostrarsi così come Natura l’ha fatta. Ma se la tartaruga si sforza di somigliare a una gazzella, allora ha qualche disagio dentro di sé che deve risolvere, altrimenti non si nasconderebbe dietro l’emulazione di ciò che non è. E allora, mi chiedo e ci chiediamo, se i due uomini credono di essere davvero dei “padri”, dei buoni “padri”, e in quanto tali credono di poter crescere bene il bambino dandogli infinito amore, perché come prima cosa imitano, ridicolizzandolo, un atto materno? E da dove viene la “ridicolizzazione” se non, al pari della tartaruga che vorrebbe essere una gazzella, dall’evidenza di fare qualcosa che viola palesemente la propria natura umana e per la quale si è inadeguati?

Rispolverando di nuovo le dimostrazioni sull’inconscio, in particolare quello collettivo, possiamo una volta di più capire l’atteggiamento di totale aggressività, negatività, prevaricazione mostrato da chi vorrebbe sostenere queste forzature antropologiche. Non sono io, non siamo noi a dire che l’omogenitorialità è sbagliata. Sono gli stessi aspiranti genitori omosessuali che lo riconoscono nel momento in cui tentano di riprodurre qualcosa che non possiedono e che pure inconsapevolmente riconoscono fondamentale per il bambino: la complementarietà dei sessi dei genitori.

Il risultato, quando si emula ciò che sfugge completamente la nostra natura personale, è un’altra cosa già citata nell’altro articolo di cui sopra, la parodia, la riproduzione comica, buffonesca, ridicola e che in quanto tale copre di ridicolo l’intera scena, l’intero contesto per il quale magari si era lottato.
E l’unico modo per nascondere a se stessi il proprio essere parodia, il proprio essere giullari, è ancora una volta, arrabbiarsi, aggredire, alzare la voce, da qui l’atteggiamento rabbioso e prevaricatore tipico dei movimenti che negli ultimi anni hanno lottato per il riconoscimento di queste pratiche e degenerazioni antropologiche.