Liceo Lussana – sabato 19 marzo 2016 – CAPOSALDO ospite dell’autogestione scolastica
di Paolo Bogni – presidente di Caposaldo
Dopo ben cinque mesi (Sabato mattina 19 marzo 2016 a Bergamo) dallo svolgimento del Corso interno alla Tre giorni di Autogestione del Liceo Scientifico Lussana dal Titolo “Social Network: libertà di comunicare o libertà di essere controllati?”, pubblichiamo il Video che riporta alcuni spezzoni filmati dell’incontro tra CAPOSALDO, l’Associazione Culturale che ha proposto quel Corso, e una quindicina tra studenti e insegnanti che hanno partecipato – quella mattina – al suo svolgimento durato circa un’ora e mezza. Il Video del Corso è però doverosamente introdotto da questo Articolo – firmato dal presidente dell’Associazione Culturale CAPOSALDO, di stanza a Bergamo – e intitolato con lo stesso slogan coniato, citato e ripetuto durante un’assemblea studentesca organizzata e svoltasi lo scorso venerdì 15 aprile in via XX Settembre 105. Quell’assemblea studentesca venne organizzata per denunciare atti di violenza avvenuti nella giornata del Corso (sabato 19 marzo) che gli studenti collegarono – indirettamente, ma stabilendo un nesso di causa ed effetto – con la realizzazione del Corso stesso. La necessità di questo Articolo introduttivo e preliminare è dovuta al fatto che – indirettamente legati e consequenziali a quel Corso sui Social Network – sono effettivamente derivati due fatti di gravissima violenza che non possono essere taciuti e vanno condannati senza se e senza ma, giusto per non usare una formula conosciuta nell’ambito dell’espressione di concetti che vogliono essere chiari, lindi, diretti e scevri da compromessi o possibili equivoci e contraddizioni. Quell’assemblea organizzata il 15 aprile da studenti bergamaschi di diverse scuole della Città ha però menzionato soltanto uno dei due atti di violenza di gravità inaudita indirettamente legati al Corso sui Social Network: quello che ha visto come vittima di un pestaggio la studentessa Elena (siamo risaliti al suo nome attraverso l’ascolto di una sua intervista a Radio Onda d’Urto, rilasciata alcuni giorni dopo l’accaduto). Un episodio ovviamente da condannare ma la cui responsabilità è da ricondurre esclusivamente nell’ambito del fatto violento, avvenuto ben dopo la fine del Corso e fuori dall’edificio scolastico in cui il Corso si è svolto, anche se legato ad una accesa discussione sulle tematiche proposte nel Corso. La stessa Elena – a cui va la nostra solidarietà – può testimoniare che all’interno del Corso il dibattito è stato civile e la discussione è stata corretta, dall’inizio alla fine. Gli spezzoni filmati del Corso lo provano. Quello che gli studenti – nell’assemblea del 15 aprile seguente – hanno però omesso è il secondo atto di inaudita e vergognosa violenza avvenuta a seguito dei fatti di quel giorno, una violenza non fisica ma altrettanto grave come quella subìta da Elena. La seconda violenza si è realizzata nella sequenza di falsità, stupidate, infamie, menzogne e calunnie di cui è stata fatta oggetto CAPOSALDO, l’Associazione che ha presentato il Corso sui Social Network con l’assoluta intenzione di portare un contributo al territorio della Città di Bergamo (in questo caso in una sua Scuola) nei termini di un dibattito culturale. Secondo i resoconti di due sigle presenti proprio su un Social Network (Facebook) che rispondono al nome di ALDO DICE 26 X 1 e di BG REPORT, CAPOSALDO sarebbe stato il “mandante morale” del picchiatore di Elena, o quantomeno CAPOSALDO sarebbe stato responsabile – così si legge tra le righe dei loro farneticanti e demenziali resoconti – di avere creato “oggettivamente” il terreno affinché qualcuno si sentisse legittimato o investito a picchiare una ragazza. E’ un’evidente falsità, perché CAPOSALDO ha nel suo mirino (critico) alta finanza e grande capitale e non certo una studentessa, tra l’altro pure lei antagonista verso il sistema attuale oggetto di analisi critica di CAPOSALDO stessa. In poche parole, una totale scemenza che dimostra l’assenza di intelligenza e di aderenza alla realtà da parte di chi ha redatto quei resoconti ignobili. Tra l’altro, questi pover’uomini, dietro le due sigle nascondono vergognosamente i loro nomi e i loro cognomi (provino a mettere nomi e cognomi, esattamente come li mettiamo noi..). C’è da chiedersi, a questo punto, chi sta dietro a queste due sigle da social network e chi dà loro l’ordine di infangare CAPOSALDO che, in quasi cinque anni, ha già realizzato in Bergamo – con il solo autofinanziamento. Perché noi siamo poveri ma dignitosi – oltre quaranta eventi tutti tesi alla messa in discussione dell’epoca attuale, quella del capitalismo assoluto, in cui delineiamo una nostra teoria anticapitalista aggiornata e matura, che tiene conto di strumenti di lettura assenti nell’anticapitalismo parolaio, straccione, sterile e impotente (che in realtà è un effettivo ultracapitalismo..) che alberga nelle due sigle da social network che rivolgono a noi accuse di “mimetismo”, “intolleranza” e “razzismo”, quando è chiaro a tutti (tranne a loro, ovviamente) che CAPOSALDO agisce alla luce del sole rispettando le idee di tutti e onorando tutte le diversità.
Video Lussana:
https://www.youtube.com/watch?v=DdOrWSNYM6k