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Informazione, manipolazione e controllo

DISINFORMAZIONE E CONTROLLO DELLE MASSE

di Massimo Chiais

Gli ambiti della comunicazione e della gestione dell’informazione rappresentano elementi fondamentali di fronte a scenari che da tempo hanno trasformato l’opinione pubblica in uno degli attori principali all’interno delle dinamiche contemporanee, tanto in pace quanto in guerra, nella quotidianità delle cosiddette “scelte di mercato”, qualunque esso sia, così come nelle decisioni globali di carattere politico, economico, bellico, sociale e così via.

Non si tratta certo di un fatto del tutto nuovo e da sempre l’appoggio popolare ed il consenso hanno rappresentato elementi pregnanti nella realizzazione tanto di operazioni militari quanto di decisioni politiche, scelte religiose, comportamenti sociali. La storia più recente poi, almeno a partire dall’epoca delle grandi rivoluzioni, ha visto una crescita costante del ruolo occupato dalle popolazioni civili nel garantire al potere una solida base, grazie alla quale legittimare scelte che, in una misura o nell’altra, hanno dovuto sempre più essere motivate e giustificate come decisioni collettive. Tuttavia, a partire dall’inizio del secolo scorso e seguendo una tendenza che, nell’ultimo ventennio, ha subìto un’accelerazione senza precedenti, all’interno del contesto attuale almeno tre elementi costituiscono una novità di rilievo e vanno a ridefinire il ruolo dell’informazione e specialmente quello delle sue modalità di trasmissione.

Il primo di questi elementi è certamente l’affermazione di una società di massa tale da decretare il ruolo centrale dell’opinione pubblica in tutti i settori, al punto da rendere inscindibile, almeno nella teoria, ogni decisione che non sia supportata da un adeguato e rappresentativo consenso popolare.
Un ulteriore fattore è dato dallo sviluppo, ai limiti dell’irrefrenabile, della tecnologia delle comunicazioni, che ha rivoluzionato non solo il modo di trasferire le informazioni, ma specialmente il loro utilizzo, rendendo generalizzato e massivo l’accesso ai flussi informativi tanto in fase ricettiva, come destinatari di messaggi, quanto in fase propositiva, trasformando ciascun individuo in un potenziale emittente di informazioni a livello globale.

Infine è proprio questa mondializzazione dell’informazione, questa dimensione globale all’interno della quale ciascuno è in grado di offrire e ricevere notizie, a porre in evidenza quanto, in un sistema di comunicazione aperta e totale, la gestione dell’informazione che si intende condividere, così come di quella che invece deve rimanere riservata, costituisca una risorsa formidabile e assolutamente strategica.
Partendo da queste considerazioni, diventa indispensabile approfondire la conoscenza degli strumenti e delle strategie comunicative ed elaborare una corretta chiave di lettura delle metodologie informative, tale da garantire una corretta comprensione di quegli infiniti messaggi che quotidianamente vengono somministrati al pubblico, andando ad alimentare stereotipi e chiavi di lettura della realtà spesso fortemente orientati e finalizzati alla salvaguardia di poteri forti di non facile individuazione. Perché, seppure è vero che “tutto è comunicazione”, non è certo azzardato dire che scopo principale di gran parte dell’informazione trasmessa oggi all’opinione pubblica è senza dubbio quello di persuaderla circa la veridicità delle affermazioni dell’emittente, o la legittimità del suo operato, o la necessità di attribuirgli fiducia in funzione di scelte che devono essere condivise, così come di riconoscere a poteri, solo nominalmente trasparenti e democratici, una leadership attraverso l’esternazione di consenso. Da qui all’identificazione tra informazione e propaganda il passo è breve, laddove come propaganda si intenda una particolare espressione della comunicazione, connotata da forti valenze persuasive indirizzate ad un fine, che è poi quello di influenzare il pubblico per acquistarne, come si è detto, il consenso.

Evidentemente, questa definizione porta a individuare anche nella propaganda e nella disinformazione elementi di quotidianità, perché, in fondo, qualsiasi forma di comunicazione si pone come scopo quello di ottenere una risposta in linea con le aspettative dell’emittente. Ma all’interno di un sistema, o di un’organizzazione, questa pratica assume valori aggiunti notevoli. Innanzitutto, perché è posta in essere al fine di provocare reazioni da parte di una collettività, che proprio per questo suo configurarsi come soggetto collettivo è in grado di generare, a sua volta, reazioni importanti con il, e sul, mondo esterno. In secondo luogo perché, nel momento in cui una struttura definisce l’utilizzo di formule, stratagemmi, strategie preordinate per influire su un target esteso, nella definizione dei linguaggi, dei temi e dei canali scelti non potrà esimersi dall’intervenire sulla qualità delle informazioni date, che per essere in linea con gli obiettivi preventivati facilmente dovranno essere manipolate e rivisitate in funzione dei risultati auspicati. Questa capacità, preordinata e strutturata in strategie, di generare effetti attraverso la manipolazione della realtà e delle informazioni fornite per descriverla a fini utilitaristici, per la sua estrema importanza non può non costituire materia di riflessione e analisi per chiunque scelga di non sottostare alle reiterate menzogne che il sistema costruisce per legittimare se stesso e le sue scelte, mediante operazioni di mistificazione della realtà che hanno quale obiettivo la creazione di una realtà diversa da quella reale.

Vere e proprie operazioni di “ingegneria storica”, capaci di stravolgere la lettura del mondo, orientandone in modo unidirezionale la percezione, in modo tale da far sì che l’opinione pubblica creda di “avere capito” e di “aver scelto” in modo autonomo e nel migliore dei modi ciò che ritiene essere giusto, sebbene la scelta sia stata indotta attraverso la manipolazione delle informazioni, la disinformazione e l’uso deliberato della menzogna.